Chinato a riscrivere con la terra.
Domenica prossima sarà protagonista una donna trasformata nel peccato in cui aveva vissuto. Scribi e farisei avevano preso l’aggettivo, messo la prima lettera in maiuscolo e ribattezzata quella donna: era l’Adultera. Per chi portava quel nome le possibilità di vita erano finite, risucchiate nel peccato, azzerate con un colpo di Legge: «Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa».
Che vigliaccata la lapidazione: tutti lanciano una pietra, ma nessuno dei lapidatori può essere responsabile della morte dell’Adultera.
Quel giorno, in tanti (rigorosamente maschi, molti dei quali alfa e magari invidiosi di non aver anch’essi approfittato dei facili costumi della donna…) erano pronti a replicare quel rito di giustizia: tante pietre, urla, sangue, poi silenzio e un’indegna sepoltura da maledetta. E la vita continua pacifica: un grande atto di unione e coesione sociale che funziona anche da sfogo machista perché, grazie al sacrificio di un capro espiatorio (Girard parlava di “violenza mimetica”, cioè imitativa e partecipativa) riequilibra lo stato morale della comunità estirpando il male… con il male!
E Gesù? Come la mettiamo davanti alla Legge? Giustizia o misericordia? Siamo alle solite!
Gesù risponde con un dito: è il dito di Dio che indica il punto di partenza dove tutto è iniziato. Sembra riecheggiare un altro passo: «“perché Mosè ha ordinato di ripudiare donne adultere?” Rispose loro: “Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli; all’inizio però non fu così”» (Mt 19,7-8). Ritorniamo lì, ai progetti di Dio, a quell’impasto di terra. Sembra un espediente per prendere tempo, calmare la foga e dirigere il dialogo da un’altra parte. Si leggono infinite e fantasiose interpretazioni di questo gesto, fatto proprio per togliere lo scettro alla pancia e alle sue decisioni e riconnettere testa e cuore per leggere bene le ferite della vita. Mi aggiungo anche io al coro delle proposte ermeneutiche: secondo me è come voler rispondere a quella domanda: «fate come volete. Prendetevela col Creatore. È lui che ci ha impastati di terra e a quanto pare gli ingredienti non sono tutti perfetti o perfettamente mescolati. Io, però, del Creatore una cosa l’ho capita: che è un innamorato!». Poi, cosa abbia scritto, ovviamente neanche gli archeologi potranno mai dircelo: quelle scritte sono come quegli uomini che appena Gesù apre bocca si dileguano come polvere al vento: «“Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”. E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani (che si dice oi presbiteroi in greco!)».
Insomma, quel dito divino era tornato a contatto con la terra a sporcarsi con gli uomini e con le donne, con il peccato e la violenza. Mai quel dito sarà usato puntato a sparare come quello di scribi e farisei. Mai quel dito contribuirà a impugnare una pietra. Ma sempre impugnerà e impasterà terra fino alla fine dei tempi e fino alla fine di tutti i peccati. Finché ci saranno peccatori e giudici, la fabbrica dell’umanità è sempre in funzione.
Riguardo alla condanna poi: andati via tutti è rimasto con la donna l’unico senza peccato, il modello dell’umanità impastata all’inizio e sempre reimpastata da Dio. Perdonata in preventivo, senza pentimento. Salvata prima di sapere se lo rifarà. Riscritta e reimpastata dal cuore, prima che lo riutilizzasse. Amata prima, perché quell’amore nuovo, l’unico vero, possa diventare l’innesco e la bussola della sua nuova vita. Strappata al passato e riconsegnata al futuro: «ce la puoi fare ad amare meglio, sempre e molto di più». Impressionante: un amore ancora più folle di quello del Padre misericordioso (almeno quel figlio minore si era pentito per fame!). Un amore sempre più fuorilegge che ci accompagna alla vetta dell’amore che ascolteremo nella Domenica di Passione: l’uovo della colomba sta iniziando a schiudersi!
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Contempla: E. Isgrò, L’errore (1992).
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Ascolta: Nek, Perdonare

Difficile volersi bene/ Non metterci mai le catene/ La somma di tutti gli errori/ Ci ha reso comunque migliori/ In mezzo al casino del mondo/ Negli occhi hai il senso profondo di questa vita/ Difficile per ogni uomo/ Non restare sempre bambino/ Mi accetti per quello che sono/ Mi senti per quello che suono
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Chiediti: Nell’approssimarsi della Pasqua dedico un tempo di silenzio per sentire forte l’amore di Dio che mi ama di un amore sempre preventivo e “fuorilegge” per quello che sono e non si stanca di riplasmare la mia vita.

