Il mio peso è il mio amore.
Il Vangelo di domenica sembra essere lontano dal tema della luce, della gioia, della sorpresa tipico del tempo di Pasqua. Ma solo apparentemente. Gli indizi pasquali vengono facilmente a galla e da subito.
«Quando Giuda fu uscito». Questo è l’inizio della pericope di domenica. Sapore di fallimento, di tradimento, di sconvolgimento dei progetti. Oppure indizio di una nuova era, di una nuova «ora» per il mondo, di inaugurazione della Pasqua. Sembra che Giovanni ci suggerisca che l’“ora” della Pasqua inizi nel cuore tenebroso di Giua, in quel cuore ormai inghiottito dalla notte, risucchiato dall’anti-pasqua che è l’anti-uomo, l’anti-gioia, l’anti-luce, l’anti-amore, l’anti-paradiso, l’anti-Dio. La storia della Pasqua nasce con la storia della notte. Era notte quella della creazione da cui emergono gli astri, era notte quella dell’esodo da cui emergono gli Ebrei e annegano gli egiziani, era notte quella di Giuda da cui emerge la luce della Pasqua. A Giuda quella luce non piaceva. Era troppo fastidiosa per lasciarsi abbagliare e rifare la vista, rifarsi gli occhi e lo sguardo su un nuovo mondo, una nuova proposta di uomo.
È il panorama che Dio sceglie per presentarsi con tutta la sua gloria. Di cosa si tratta? Forse di quell’accumulo di stima, applausi e riflettori che fanno aumentare lo share? Paolo a questo proposito parla agli Efesini di ophthalmodoulìa (Ef 6,6), una vita passata a cercare di attirarsi gli sguardi, vivere per poter essere ammirati, essere schiavi dell’ammirazione della gente. E invece il Dio di Gesù, il Dio degli Ebrei, il Dio della creazione ha raccontato e operato un’altra gloria, quella dell’amore. Gloria, in ebraico kabod, indica qualcosa di denso, pesante, il massimo della consistenza. E dove è deposta, nascosta, accovacciata la vera intensità della vita, il cuore delle cose, il buco nero capace di risucchiare tutte le cose perché la forza di gravità le attira tutte a sé? Nell’amore. Per amore Dio crea, Dio libera, Dio salva.
Nella Parola di Dio è chiaro che noi a Dio potremmo rispondere con tutto il male possibile, offendendolo, tradendolo, insultandolo e persino uccidendolo. Ma da Lui non avremo nessun’altra risposta che l’amore. Qui sta la rivelazione del vero Dio che dà un colpo si spugna a quell’immagine del Dio brutto che tanto ci assomiglia: il Dio che punisce, si vendica, usa la sua forza per distruggere, il dio violento che interviene per annientare i nemici. La natura di Dio che ci viene svelata e rivelata in Gesù cancella questa immagine troppo umana di Dio che tanto di rattrista, ci schiavizza e ci intimorisce.
C’è poi un’altra cosa insopportabile di Dio che abbaglia in maniera sovrabbondante gli affezionati delle tenebre: che la sua gloria-peso-amore lo ha lasciato in testamento agli uomini. Ogni uomo è capax Dei perché è capax Amoris: siamo tutti capaci di portare Dio perché tutti capaci di vivere l’amore. Gesù parla ai suoi «figlioli», cioè figli e eredi. E cosa ha messo nel suo testamento? La cosa più cara, più preziosa, più importante? La sua gloria-peso-amore. Nella forma di un comandamento: «amatevi come io vi ho amato». È iniziata una nuova era. Dall’homo sapiens all’homo amans. L’amore è la scatola che contiene tutta la vita, la muove e la cura. E il primo ad aver obbedito all’amore è stato proprio Dio. È un comandamento strano perché obb-liga (collega, connette, riallaccia) a ciò che si è in autenticità. Si può tradurre: vivente, obbedisci alla tua natura! «Uomo, diventa ciò che sei!» (Nietzsche). Se sei vivo è per amare. Se vuoi respirare, devi amare. Sono le impostazioni di fabbrica: funzioni se ami. E se sei figlio di Dio hai le istruzioni per l’uso della vita dal Figlio di Dio in persona. Che vuol dire anche: ama come e perché Dio ti ha amato!
Che dolce peso, che dolce comandamento, «quanto amo la tua Legge, Signore!» (Sal 118,97).
E per omaggiare papa Leone, con Agostino possiamo concludere: «Un peso non trascina soltanto al basso, ma al luogo che gli è proprio. Il fuoco tende verso l’alto, la pietra verso il basso, spinti entrambi dal loro peso a cercare il loro luogo. Il mio peso è il mio amore; esso mi porta dovunque mi porto. Il tuo Dono ci accende e ci porta verso l’alto. Noi ardiamo e ci muoviamo. Saliamo la salita del cuore cantando il cantico dei gradini. Del tuo fuoco, del tuo buon fuoco ardiamo e ci muoviamo, salendo verso la pace di Gerusalemme».
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Contempla: M. Chagall, Sulla città (1918). Una fuga dal mondo della Prima guerra mondiale e innalza l’amore come un peso, la cui forza di gravità agisce dal cielo.
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Ascolta: Ligabue, Leggero

Leggero, nel vestito migliore, senza andata né ritorno, senza destinazione.
Leggero, nel vestito migliore, nella testa un po’ di sole ed in bocca una canzone.
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Chiediti: Quale racconto d’amore ha alleggerito la mia vita fino a connettermi con la mia vocazione essenziale di figlio di Dio amato e glorificato da Lui?

