Si è spento per restare per sempre acceso.
Il tema di questa domenica è il tema dell’assenza che continua a fare miracoli. Come può la scomparsa di Gesù manifestare una presenza ancora più efficace? È la luce delle stelle morte (titolo di un prezioso libro di Recalcati sul tema del lutto e della nostalgia): qualcosa non c’è più, come le stelle già collassate, eppure ci raggiunge come fosse il resto vivo di un corpo morto. È quella storia di un morto di 2000 anni fa che ci visita e illumina oggi la nostra vita, senza spegnersi, ma anzi accendendosi sempre di più man mano che illumina, e non si consuma, non diminuisce e non invecchia. È lo strano e inspiegabile miracolo del desiderio amoroso di Dio: più brucia d’amore, più si accende. Dio è così: invisibile ma mai assente.
La chiave di lettura per accorgersi e godere di questa presenza è una sola, ed è la «Parola della Croce, stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio» (1Cor 1,18). Entra nel Regno chi ha questa chiave, chi si lascia amare dalla Pasqua. È la Croce-Pasqua il più grande atto d’amore della storia e lo sarà per sempre perché continua a infiammare e a depositare amore nel cuore degli uomini. Quella croce rimane conficcata a terra, sulla Terra e in ogni terra.
E il Crocifisso? Ogni cristiano va alla ricerca del Crocifisso, sospeso tra la terra e il cielo, una “terra di mezzo” (Tolkien) dove si combatte la battaglia contro ogni espressione di male che aggredisce l’uomo. Quel Crocifisso-Risorto, in questa Domenica dell’Ascensione manifesta un gesto di estrema fiducia: deposita, affida, consegna la sua presenza invisibile alle mani di chi per tre anni è stato con lui. Non ci hanno capito molto, ma sentono che tra le mani fragili hanno un tesoro immenso, eterno e potentissimo. La Croce-Pasqua è piantata in loro, dipende da loro, è affidata a loro.
Nell’ultima fotografia di Gesù proposta da Luca ci sono le sue mani alzate ad indicare la direzione antigravità dell’uomo (frutti sulla terra con radici nel cielo) e la benedizione (bene-dizione), l’ultimissima cosa che Gesù dice: il bene, parola definitiva che mai si spegnerà finché ci sarà un uomo che la porterà nelle labbra e nella vita. L’ascensione è festa della direzione e della benedizione, dell’in-finita benedizione che, come l’ombra della potenza dell’Altissimo (storia già sentita all’inizio del Vangelo!), si stenderà sopra ogni “male di vivere” (Montale), su ogni vittima del male e su ogni uomo caduto, fallito e schiacciato dai sensi di colpa, ad assicurare e confermare con potenza che la vita, e soprattutto la Vita (quella del Risorto) è più forte di ogni ferita. Questa è una promessa: la vita è più forte di ogni ferita. E questa è anche la speranza: la certezza che il Bene ha già vinto. Da subito ci sono dei testimoni di questo fatto. Il male tenterà sempre di strapparci dalla Croce, ma finché ci saranno dei testimoni della vita più forte della morte, non potrà più acchiappare e convincere il mondo di esserne il padrone.
È la comunità dei testimoni a portare avanti la luce della stella morta. È la Chiesa che è chiamata ad annunciare e a trasformare, ad amare e a convertire la vita all’amore. Quel Gesù siede alla destra di Dio, perché ormai siede invisibile al fianco di ogni espressione e esperienza di amore: a fianco del padre di famiglia occupato ogni giorno a portare pane e serenità alla moglie e ai figli; a fianco di ogni mamma che con attenzione e cura dei dettagli si prende cura della crescita profonda dei figli e non rinuncia all’amore perché faticoso e non retribuito; a fianco al datore di lavoro che si accorge del dipendente affaticato, triste e disperato; a fianco di insegnati, catechisti, educatori che vivono ogni parola, ogni gesto e ogni progetto di amore come una vocazione e non come un mestiere-dovere; a fianco di tanti operatori sanitari, vicini di casa e volontari che spezzano il pane della consolazione, del tempo e del sorriso con ammalati, abbandonati e feriti dalla vita.
Ascendendo davanti ai pochi discepoli, entra più in profondità nel cuore di ogni discepolo di ieri, di oggi e di domani. Annotta san Luca: «tornarono a Gerusalemme con grande gioia». È quella gioia che nasce dalla conferma che nessun amore è inutile, né sprecato, né da rifiutare. Da migrante nella storia, Dio è tornato nella sua patria e lì adesso lì attende carichi delle benedizioni che riescono a raccogliere su questa terra.
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Ascolta: L’udienza di papa Leone XIV
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Chiediti: In quali parti della mia vita il Risorto dal cielo sta spargendo il seme della sua benedizione?

