Cose di madri.
È imbarazzante per un maschio della razza umana sentire l’immensa distanza tra ciò che percepisce lui e ciò che percepisce una donna gravida al suono della parola “attesa”. Ecco perché il Vangelo di domenica, ormai a poche briciole dal Natale, dribbla gli uomini (Zaccaria) e ci mette davanti due donne incinte, innamorate della vita e delle due vite che sono ancora pezzi inscindibili dei loro corpi. Esperte dell’attesa si raccontano a vicenda i miracoli del ventre gonfio.
Partendo da Nazareth, Maria aveva ricevuto le ali dell’angelo per volare subito dalla cugina Elisabetta. Porta con sé un annuncio, diventa “angela”, portatrice di un Vangelo, una buona notizia, un Verbo che stava diventando carne nella sua carne, una parola di gioia (Evangelium Gaudii). E quella irrefrenabile gioia invita alla danza, all’abbraccio, alla festa, alla meraviglia, alla lode. Il disegno dell’Altissimo s’impasta e si plasma negli uteri danzanti di Maria e di Elisabetta. La storia della salvezza sta prendendo la rincorsa per il grande salto. Stanno per iniziare i “giorni di Dio” (Bovati) sulla terra.
A Maria che si lancia nelle braccia della cugina attendono delle parole di ineguagliabile gratitudine, beatitudine e benedizione: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo». Che potenza quella benedizione: significa riconoscere che non soltanto Dio l’ha illuminata, ma che la luce stessa ha origine in quel grembo. E quanta luce continua a donare al mondo quel frutto del grembo di Maria. In quella benedizione sembra disinnescato ogni potere del male, ogni sospetto di non essere cari a Dio, ogni dubbio sulla bontà di Dio, ogni resistenza di fronte ai progetti di Dio, ogni fuga nell’ora della prova, ogni ribellione contro le fatiche imposte dall’amore, ogni sfiducia nell’onnipotenza di Dio davanti al male, al brutto e alla menzogna.
Sono i miracoli delle madri. Sono i miracoli che Dio si può permettere di fare solo con le madri. Per questo, le mamme lo sanno. Sanno sempre qualcosa di più, ci arrivano sempre prima, intuiscono che dietro la buccia c’è un universo intero che si agita. Non si lasciano ingannare dall’apparenza. E questa posizione così potente commuove anche il cuore di Dio e Lui le sceglie. Le sceglie perché in loro è l’immagine stessa dell’umiltà che viene risollevata, dell’unica povertà che può essere esaltata: loro fanno spazio, creano un nido, si ritraggono e si contraggono, si rimpiccioliscono e si cancellano per far crescere un nuovo uomo. Un’umiltà tutta amore, dono, spazio, vita, tempo, fatica, dolore e sangue donato. Senza questa loro umiltà, neanche Dio avrebbe più figli su questa terra! Dio sposa, accoglie, ringrazia e contempla tutte le madri, perché hanno impressa una chiara immagine di Dio: creatore, custode, povero, umile, innamorato. Infatti, «per aver accesso ai palazzi dei sovrani, dei dominatori di questo mondo occorrono solide raccomandazioni, bisogna esibire titoli di merito, sono necessarie credenziali e benemerenze. Presso Dio non è così: l’unico certificato richiesto per essere ricevuti in udienza è lo stato di povertà» (Armellini).
Il piccolo san Giovanni, già profeta (ultimo dell’AT o primo del NT), si accorge che quello era un momento divino e sussulta nel grembo di Elisabetta: quel saluto di Maria sono parole nuove, mai udite. Provenivano da un altro mondo. E quell’altro mondo stava per entrare e fare visita al nostro mondo per avvelenarlo della sua pace, della sua benedizione, della sua eterna gioia. «Natale è la convinzione santa che l’uomo ha Dio nel sangue e che se è voluto nascere in una stalla non si scandalizzerà di quel poco o tanto di sporco che troverà in me» (Ronchi).
______________________________
Contempla: Maestro di Ozieri, Maria visita Elisabetta (Retablo della Madonna di Loreto, Museo Diocesano di Arte Sacra di Ozieri).
L’abbraccio carico di danza, domande, sogni. Gli sguardi carichi di vita: una vita che parte dal basso, dalla terra seguendo lo sguardo di Maria e una vita benedetta tra le donne, innalzata e beatificata dall’Altissimo: «a cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?». Le curve dei grembi sono compresi nello stesso abbraccio a creare un anello di dialoghi, di colori, di ritmi che suonano all’unisono la stessa sinfonia divina.
______________________________
Ascolta: F. Mannoia, Che sia benedetta

Che sia benedetta/ Per quanto assurda e complessa ci sembri, la vita è perfetta/ Per quanto sembri incoerente e testarda, se cadi ti aspetta/ Siamo noi che dovremmo imparare a tenercela stretta/ Tenersela stretta
Siamo eterno, siamo passi, siamo storie/ Siamo figli della nostra verità/ E se è vero che c’è un Dio e non ci abbandona/ Che sia fatta adesso la sua volontà
______________________________
Chiediti: Quali sono le benedizioni di Dio sulla mia vita? Quale benedizione intravvedo stia per nascere nella mia storia?

