DOMENICA IN PAROLE, NOTE E COLORI – a cura di don Giammaria Canu

V. VAN GOGH, Ramo di mandorlo fiorito (1890)

C’è ancora tanto da sperare.

Finite le scorpacciate natalizie, si riparte passando per la porta: il battesimo.

Il Vangelo di questa domenica, in realtà, ci fa ripartire dal sogno, dal desiderio, dall’interrogativo profondo del cuore: «è forse Giovanni il Battista il mio cristo?». Tradotta è la domanda: chi salva la mia vita? Chi dà senso alle mie giornate, alle mie fatiche e ai miei sogni? Chi risolve i nodi della mia storia? Per noi pellegrini del nuovo Giubileo, è come ripartire dalla “speranza certa” (san Francesco) che la risposta a queste domande esiste. Non solo: che la risposta a queste domande è una persona. Non basta ancora: la speranza che la risposta alla mia vita è una persona che mi vuole bene.

E invece noi, carichi di certezze, di scorciatoie e ormai intontiti dall’“estetica della levigatezza” (tutto deve apparire senza pieghe, rughe né macchie), non c’è più spazio per i sogni né tempo per sollevare lo sguardo e imparare dai magi a fidarci degli imprevisti luminosi che piovono dal cielo buio: tutto è a km zero e non ha più senso desiderare, sognare e sperare. Ben venga l’anno santo della Speranza che ci regala l’opportunità di ripartire dal battesimo, di riguadagnare il nostro punto di partenza e affinare l’arte dell’attesa, la stessa attesa del popolo del Giordano che aveva capito che Giovanni non era il punto di arrivo, ma c’era qualcosa oltre Giovanni, ma che bisognava attraversare Giovanni per incontrare il nuovo, il definitivo, il salvatore unico di tutto e di tutti.

Nel Vangelo di Luca che ci accompagnerà in questo anno C è potentissimo il desiderio di Dio. Il popolo che si avvicina a Giovanni e a Gesù è un popolo che sfugge agli schemi religiosi e incontra Dio nei posti più disparati e disperati, dove il cuore è freddo, spesso ferito, o comunque è un cuore che urla il grande desiderio di essere guarito.

Giovanni a questa ricerca di salvezza risponde che stava per arrivare uno più forte di lui, che lui non bastava più neanche a se stesso, che lui stesso aspettava il suo salvatore. Parlava di uno la cui forza è simile a quella del fuoco che non brucia per distruggere, ma brucia per passione: Giovanni era capace di far emergere dall’acqua del fiume Giordano il desiderio di Dio, di salvezza, di vita eterna; Gesù era la risposta a quel desiderio che brucia l’uomo vecchio e fa nascere la vita stessa Dio. Quest’opera non viene dagli uomini, ma la sa fare solo lo Spirito Santo.

Poi Luca racconta proprio il battesimo di Gesù. Anche Gesù si lascia immergere nelle domande di vita dell’uomo. Le abita tutte. In quell’immersione il suo cuore così immenso intercetta tutti i desideri profondi, li raccoglie e li racconta a Dio in un istante di preghiera. A quella preghiera del Figlio, il Padre risponde aprendo il cielo: «la risposta alla preghiera non sono le grazie che noi chiediamo, ma lo sfondamento del cielo chiuso, una feritoia d’azzurro, una ferita di Dio. Dio esaudisce sempre: non le nostre domande, ma le sue promesse» (Ronchi). Ecco cosa fa la preghiera: squarcia il cuore di Dio e scende lo Spirito Santo, come una colomba in cerca del suo nido, come un mendicante che chiede ospitalità nel cuore dell’uomo, come un padre che aspetta di ritrovare spazio nella vita del proprio figlio perduto, confuso, stordito.

Solo allora Dio parla, arriva il Vangelo, la sintesi della Parola di Dio, la vera buona notizia per ogni “pellegrino di speranza”: «tu sei il figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento». Nessuna notizia è paragonabile a questa: anche nel deserto io sono figlio, sono figlio di Dio, sono figlio amato, sono la gioia stessa di Dio.

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Contempla: V. van Gogh, Ramo di mandorlo fiorito (1890).

La potenza evocativa del mandorlo rimanda alla rinascita annunciata dai petali bianchi che sembrano esplodere dai rami nodosi. I fiori del mandorlo di ribellano all’inverno e annunciano già la primavera con la prepotenza di chi vuole rispondere e obbedire al cielo che già inizia ad assumere tonalità che dal grigio si orientano verso l’azzurro estivo. È la grande metafora della speranza come certezza che siamo alberi pieni di nodi, ma fatti per la gioia, la luce e la festa della primavera, della nascita e della rinascita continua. Alcuni rami non ben definiti sono un invito dell’artista a completare il quadro: ciascuno può aiutarlo a dare alla speranza contorni sempre più chiari per vincere assieme ogni agguato dell’inverno.

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Ascolta: Pinguini Tattici Nucleari, Rubami la notte

 

Cercami la vita addosso/ E schiantati come le stelle ad agosto/ Tu sei un personaggio che è in cerca d’autore/ Ma lo sai che non posso abiurare il tuo nome/ Fammi vedere la tua foto a Carnevale, quella al mare/ Quella con il broncio ed una con lo stronzo che ti ha fatto male/ Poi una foto non-sense (non-sense)/Ma questa sei davvero te?/ Rubami la notte

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Chiediti: Quale speranza voglio assecondare in questo anno giubilare?

 

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