DOMENICA IN PAROLE, NOTE E COLORI – a cura di don Giammaria Canu

Crocifisso sorridente nel Castello di Javier (Navarra).

Chi vuol essere felice alzi il cuore.

Più è sorprendente, più sfugge di mano, più è potente. Così è Gesù: anche i grandi Santi testimoniano di essere arrivati spesso a un pelino dal raggiungerlo e poi essersi accorti che Lui era veramente e sorprendentemente nuovo, sempre più in là, mai scontato, un traguardo sempre spostato in là. E questo vale anche per le parole: sono sempre approssimative, sempre in ritardo, sempre inadeguate a definire, comprendere e spiegare la vita. Figuriamoci quanto sono indietro rispetto alla vita e alla proposta di vita di Gesù.
Eppure, ci sono parole che Gesù ha pronunciato e sono sempre azzeccate, sempre giuste, sempre in linea e in obbedienza perfetta con la vita. Tra le tante e tra le più vincenti, ci sono le beatitudini. Un Vangelo nel cuore del Vangelo, notizie belle e vere che scommettono e non sbagliano mai, anche lì dove nessuno scommetterebbe. Sono il Vangelo della Speranza e si chiamano “beatitudini” perché hanno da raccontare il segreto della felicità, quella che innalza il cuore ad altezze elevatissime.
Sono del balsamo sulle ferite, benedizione per i crocifissi (non benedizione per le croci, ma per chi vi si appende!), vette di verità a fronte dei progetti di morte firmati dagli uomini e incursioni di eternità felice nella storia crudele che fa tanta fatica a lasciarsi contagiare dalle invenzioni della bontà.
Eccole le beatitudini secondo san Luca: beati voi poveri perché se proprio Dio riesce a cambiare il mondo è solo grazie a voi e attraverso di voi. Quindi il vero guaio del mondo non è la povertà ma la ricchezza: «Guai a voi, ricchi» perché tutto l’accumulo su cui avete investito ha creato una scorza attorno al vostro cuore condannandolo a restare impermeabile ad ogni opera di amorevole cura da parte di Dio, letteralmente ad ogni tentativo di Dio di “starvi accanto”, che in greco si chiama «paraklesis» (stare accanto per suggerire mentre l’Accusatore infierisce) e di cui è specialista lo Spirito Santo (consolatore, paraclito). In fondo, lo Spirito Santo ha sempre a che fare con i poveri (Matteo li chiama «poveri in spirito» nelle sue beatitudini) che accolgono Dio gratuitamente, mentre i ricchi conservano il vizio di volersi comprare anche Dio. Un vero guaio! E ci aveva già avvisati Maria: «ha guardato la povertà della sua serva; ha rimandato i ricchi a mani vuote».
Beati voi bastonati dalla vita che avete fame e che piangete, perché la sorpresa di Dio coglierà in pieno voi: e allora sarà meglio farsi trovare affamati e con le lacrime che sazi e sorridenti, prigionieri del proprio stomaco e felici di star bene sono con se stessi. Fame e dolore possono diventare i migliori docenti di storia della carne, dell’umano, del umano-divino. Sentite questi versi di Alessandro Deho: Donami di scoprire che si può stare,/ realmente Stare,/ in ogni dolore,/ che ci si può immergere in ogni dramma,/ come madre ai piedi della croce,/ e che è l’unica cosa giusta da fare,/ che solo così si può scoprire il peso della felicità. […] Donami di stare nel pianto mio,/ nel pianto di chi amo,/ e, se possibile, se ne sarò all’altezza, di incontrare anche il pianto delle persone che non amo./ Di quelle che mi hanno fatto male./ Aiutami a vedere ogni volto come/ solcato da un dolore.
E poi l’ultima delle beatitudini di Luca: «beati voi disprezzati, odiati e respinti» e «guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi». Come a dire: la vita è complicata e il bene è spesso fastidioso e intollerabile. Non fa nulla: tu fai il bene. Dai al cuore l’altezza, i trampolini e le vertigini che si merita. «Ti impediranno di splendere. E tu splendi, invece» (Pasolini).

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Contempla: Crocifisso sorridente nel Castello di Javier (Navarra).

Le beatitudini sono la carta d’identità di Gesù. È infinitamente prezioso fare l’esercizio di leggere ogni pagina del Vangelo col filtro delle beatitudini, riconoscendo in ogni pagina il desiderio di Dio di non lasciare indietro nessuno nel suo sogno sulla felicità.

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Ascolta: Gio Evan, Hopper

Così abituata a prendere ferite/ Che se arriva una felicità ti chiedi se è per te/ Sorridi sempre anche in mezzo alle macerie/ Così brava a rialzarti sembri nata per cadere/ E quanti schianti e quanti sbalzi/ Andare avanti, quanti calci/ Per tutti i sogni che senti/ Non bastano stelle cadenti

Così abituata a cadere/ Che sembri nata per rialzarti

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Chiediti: rileggo la mia storia illuminando i punti dove ha abitato la povertà, la fame, il pianto e l’essere incompreso. Li racconto a Gesù chiedendo la grazia di far emergere sempre la sua mano tesa per risollevare e lanciarmi verso la felicità.

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