DOMENICA IN PAROLE, NOTE E COLORI – a cura di don Giammaria Canu

GUIM TIÓ, L’apple du vide.

Sorella e maestra morte.

Finché esisterà un innocente che soffre, il mondo sembra sfuggire dalle mani di Dio. Oppure no! Lasciamoci guidare dal Vangelo di domenica per riconoscere qualche scintilla dell’amore di Dio anche nell’esperienza della tragedia.

La pagina del Vangelo di domenica ha a che fare con il tempo che stringe (fugit irreparabile tempus), con la fine che incalza, con le sconfitte che minacciano di decretare sprecata la vita. Oppure no! Più che il tempo dell’orologio, stringe il tempo della profondità della vita, si accorciano le opportunità di incontrare se stessi e la promessa di felicità. C’è una resistenza innata contro il male, accusato di creare una distanza tra me e la felicità. Eppure, nella forma del kairòs, cioè del tempo che Dio ha dedicato alla salvezza, alla mano tesa, abbiamo l’occasione di compiere quei passetti che si chiamano conversione! Nel fatto che il male sia impastato col bene, la soluzione del Vangelo sta nel lievito che fa gonfiare il bene, anche se zizzania e fatiche restano incastonate nella massa. È la figura del lievito che fa accelerare il bene e toglie lo scettro al male, “convertendo” l’uomo al sogno di Dio.

C’è poi il tema della colpa dell’innocente che soffre. La cronaca del tempo di Gesù, come la cronaca di oggi e di domani racconta sempre di questa triste ingiustizia. Dio, dove sei, dov’eri quel giorno, a cosa pensavi nei giorni del pianto dell’uomo? E che colpa ne avevano quei poveri Galilei morti così violentemente, trucidati da Pilato o schiacciati dalla torre del Tempio? Assieme a quella torre di Siloe del Vangelo di domenica, crollano anche le torri della fede. E non c’è altra prospettiva possibile. Oppure no! Sentite come risponde Gesù ai gossipari del tempo impegnati a registrare i fatti, nascondendosi dietro uno schermo: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei? No, ma se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo». In una frase, ripetuta due volte, ha spazzato via un paio di superficialità fastidiosissime: primo, la finiamo di andare alla ricerca delle colpe o dei meriti? Che va a braccetto con l’altra idea ancora più mediocre: menomale non è capitato a me!

Davanti agli eventi, davanti ad ogni evento abbiamo due possibilità: conversione o perversione. Le tragedie attraversano inevitabilmente le nostre storie e esserne spettatori che le dribblano con indifferenza e sufficienza è un pessimo modo di abitare la realtà. Ha ragione quella poesia di John Donne: «non domandarti per chi suona la campana. Suona sempre un po’ anche per te». E questo sia nel senso che ogni pezzo di umanità che si spegne è un’opportunità in meno di amare e di essere amato e sia perché ogni evento, soprattutto se tragico, ha un importantissimo potere di innescare la tua conversione. Conversione a cosa? All’unica vera e sempre urgente speranza da alimentare: quella fondata sulla promessa di amore e di felicità per la quale sei nato, esisti e cresci. Nessuna esperienza di morte, di sofferenza e di ingiustizia sarà vana se ci sarà almeno un cuore umano che dopo di essa avrà fatto un passetto verso la salvezza, la gioia, la bellezza eterna. E Dio non sa fare altro che aspettare che qualcosa di grande e di buono accada nel cuore dei suoi figli.

C’è, infatti, nel Vangelo di domenica la strana parabola del fico sterile e della santa pazienza di Dio: un inno all’amore e alla speranza certa che siamo fatti per portare frutti buoni, dolci e maturi, che abbiamo dalla nostra parte la pazienza di Dio, cioè la sua arte di convivere con la nostra incompiutezza di vita e lentezza di cuore.

Insomma. Sorella morte è sempre stata una grande docente di vita.

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Contempla: Guim Tió, L’apple du vide.

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Ascolta: F. de André, Canto del servo pastore

Prendi la tua tristezza in mano/ E soffiala nel fiume/ Vesti di foglie il tuo dolore/ E coprilo di piume

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Chiediti: Se il Buon Dio ci ha collocati in una determinata geografia e in una determinata storia, non l’ha fatto a casaccio, ma perché è quello il tempo e lo spazio utile perché io possa crescere e convertirmi alla sua promessa di amore. Quali idoli impediscono di obbedire alla realtà, di apprezzarla e di ringraziare per il dono della tua storia, delle tue relazioni e delle tue esperienze? «O missionari o dimissionari», diceva Madeleine Delbrêl. So che Dio ha promesso un esito felice alla mia storia. E la sua Parola è verità. Davanti a questa buona notizia, in quali terreni del vissuto umano è possibile essere luce, sale e lievito?

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