DI DOMENICA IN DOMENICA - a cura di don Giammaria Canu
Domenica, 1 novembre 2020
Elogio della mitezza
Mi ha sempre colpito tra le 9 beatitudini di Matteo, la terza: «beati i miti, perché avranno in eredità la terra». Sembra la più vincente ma quella più a caro prezzo. Forse proprio per questo è anche quella più rara.
Ma partiamo da dove ci eravamo lasciati. Il “grande” comandamento: «amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente». Con Gesù, oltre che ad essere il “grande comandamento” è anche il “primo”, cioè condannato a esistere solo se c’è un secondo. Come un padre, che per essere padre ha bisogno per definizione di un figlio, anche quel grande comandamento è primo perché per definizione ne esiste un secondo, un figlio con tutte le caratteristiche genetiche del comandamento padre: «amerai il prossimo tuo come te stesso», e infatti: «chi dice “io amo Dio” e odia suo fratello, è un bugiardo» (1Gv 4,20).
Ora, per chi frequenta il Vangelo sorge una sana inquietudine innescata dal dubbio sul “come te stesso”: «ma io sono sicuro di amarmi veramente?», «come mi amo io?», o meglio: «forse c’è qualcuno che mi ama più di quanto mi ami io?». E qui si chiude il cerchio: quei due comandamenti sono solo ciò che affiora da altri due comandamenti inabissati nel cuore di Dio e della sua creatura a Lui più simile: «lasciati amare da Dio e impara da Lui ad amarti…», sottinteso: «che tu sei fatto per questo!» (una scoperta simile l’aveva fatta Sant’Ignazio di Loyola).
A proposito di sant’Ignazio: certo gli è venuta proprio bene questa creatura, se tra di loro alcuni li chiamiamo con lo stesso nome di Dio, il Santo. E proprio di questo suo attributo Dio non è per niente geloso se la sua più grande gioia è quella che tutti gli uomini possano diventare santi.
Tornando alla mitezza. È la traccia più evidente che per l’uomo la santità è possibile. Sono i miti gli eredi della terra, cioè quei santi che, beati loro, osservando la terra degli uomini sanno che Dio l’aveva pensata a regola d’arte proprio per ciascuno di loro. Ma voglio elencare anche io 9 “perché” i miti sono beati:
Beati i miti, perché sono gli artisti del comandamento dell’amore.
Beati i miti, perché fanno fare continue figuracce a chi vive di continue lamentele.
Beati i miti, perché il loro cuore in quanto a libertà se la gioca con quello di Dio.
Beati i miti, perché alla verità, come per (M)mistero, ci arrivano prima dei prepotenti (che ancora non ho capito se un prepotente ha mai assaggiato almeno l’aperitivo della verità!)
Beati i miti, perché sono proprio fastidiosi e imbarazzanti, ma alla fine qualcuno degli infastiditi e imbarazzati ci casca e si converte alla mitezza.
Beati i miti, perché hanno una difesa immunitaria contro la mediocrità che anche Platone, Aristotele e Hegel se la sognano («la sapienza che viene dall’alto è mite», dice la lettera di Giacomo 3,17).
Beati i miti, perché, e chi non lo vorrebbe un mite per amico!
Beati i miti, perché ti «sanno amare come ti ama Dio, che ti prende per mano ma ti lascia anche andare, felice solo perché esisti così [come sei]» (canto Come ti ama Dio, da mettere assolutamente nella propria play list di youtube: https://youtu.be/tBsxniQvL5M !).
Beati i miti, perché della terra, anche di quelle regioni più aride, sofferte, ferite, riceveranno in eredità la possibilità di sorriderci sopra con sapienza e andare avanti lanciando il cuore al di là dell’ostacolo, perché al di là dell’ostacolo c’è un Dio a braccia spalancate (postura crocifissa dallo stesso ostacolo) ad attendere.
Sentite san Paolo cosa pensa dell’amore: «l’amore è magnanimo, benevolo è l’amore; non è invidioso, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1Cor 13,4-7). Non so cosa costasse a Paolo dire: l’amore è mite, punto!
PS: il titolo è rubato da Elogio della mitezza di Norberto Bobbio, testo di 50 paginette che suggerisco di leggere almeno una volta prima che finisca la pandemia!
PS 2: e se la mitezza fosse proprio il vaccino contro questa seconda ondata di virus? E non parlo del corona-virus, ma dell’ira-virus, prepotente e idolatra della dea lamentela, indifferente all’opportunità creativa e umanizzante di imparare l’arte della mitezza, della libertà e del realismo!
don Giammaria Canu

Anonimo, Discorso della montagna (La Somme le Roi, 1295).