LA DOMENICA SULLE SPALLE DEI GIGANTI - a cura di don Giammaria Canu
Domenica, 2 Luglio 2023.
Ceddippiù.
Mettersi alla ricerca del “di più”, del “più in là” (Montale), del “transumanare” (Dante). È la sfida più potente e seria del mondo. È l’avventura che non smette di solleticare soprattutto i giovani, così pervasi dal desiderio di spaccare, di sfondare, di riempire il più possibile quelle vuote attese che separano i sogni dalla realtà. Ma come si fa a tollerare l’ansiosa attesa che qualcosa di nascosto si manifesti (Vangelo di domenica scorsa)? Anche i maturandi italiani, per il 43%, hanno scelto di cedere alla tentazione di riflettere sullo scomodo tema dell’attesa ai tempi della turbotecnica.
Domenica ci viene proposta una pista, qualche indizio e una compagna di viaggio. Si tratta di una delle tante lezioni evangeliche sull’amore: anche sulla cosa più bella, più felice, più appagante come l’amore per una mamma, per un babbo, per un figlio o una figlia arriva la sentenza: c’è di più. Ma perché c’è sempre un “ceddipiù” a tutto.
E così c’è un ceddipiù da attendere in tutti gli affetti forti, e c’è un ceddipiù a ogni grande successo della vita (si chiama fallimento); c’è un ceddipiù ad ogni caduta (si chiama amico); ce n’è uno per ogni errore (si chiama perdono); ce n’è uno per ogni incontro (si chiama memoria); ce n’è uno per ogni ferita della vita (si chiama speranza); ce n’è uno per ogni battezzato-profeta che non porta la sua parola ma ne porta una di più grande, immensamente più grande; ce n’è uno per ogni gesto di cortesia (si chiama bicchiere d’acqua, quello che ci vuole un sacco di fatica a procurarselo e un sacco di amore a donarlo a uno dei fratelli più piccoli). Ma poi c’è un ceddippiù anche per ogni croce, che proprio grazie al suo ceddipiù diventa sop-portabile oppure diventa addirittura desiderabile se per croce non intendiamo, come vorrebbe una certa tradizione doloristica, quel patibolo di sofferenza che prima o poi si erge sulla nostra vita, ma intendiamo il gesto, la parola e lo stile di Gesù, lo stile dell’amore: “prendere la croce e seguirlo” è prendere il suo modo di vivere e rivestirsene, cucirselo addosso come fosse l’abito, l’habitus, l’abitudine più gustosa da inserire in carta d’identità. Questo è il più grande ceddipiù che possiamo regalare alle nostre giornate: avvicinarci il più possibile ad amare come ci ha amati Lui sulla Croce, cioè perdonando i nemici.
E tutto perché c’è un ceddipiù da scoprire in ogni “domani che resta”. Termina così una delle più celebri filastrocche di Bruno Tognolini (lo scrittore dei testi della Melevisione e dell’Albero azzurro, per intenderci!). Si chiama filastrocca delle beatitudini, niente male per un giocoliere di parole e di musica che si dichiara di non aver mai incontrato niente di attraente nella Chiesa, in Gesù e in Dio.
Beate le case
Beate le cose
Beate le vecchie rugose
Che dormono al sole
Beate le api
Beate le rupi
Beate le code dei lupi
Che danzano al sole
Beati i paesaggi
Beati i miraggi
Beate le mete dei viaggi
Che attendono al sole
Beate parole
Beato il silenzio
Beate le cose create
Che danno l’annunzio
Le voci nel mondo
Che lanciano il bando
Che dice che tutte le cose
Ci stanno provando!
E allora beate le mani
Beata la testa
Beata la vita per ogni domani
Che resta
don Giammaria Canu
Frida Kahlo, Ciò che l’acqua mi ha dato (1938). Frida nell’acqua riflette la storia, le battaglie, le meraviglie, le sorprese e le memorie di una vita straordinaria rilette nell’intimità di una vasca da bagno. Ognuna di esse ha regalato all’artista un ceddipiù inaspettato e spesso insperato.
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