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LA DOMENICA SULLE SPALLE DEI GIGANTI - a cura di don Giammaria Canu

Domenica, 25 Dicembre 2022.


La storia avvolta in fasce.


Davanti al Natale serve solo inchinarsi: una grande predisposizione del cuore a rinunciare a fare qualcosa per Dio e osservare col gusto dello stupore ciò che avviene nel presepe. Solo artisti, poeti, musicisti e mistici si sono avvicinati, seppur restando ad infinita distanza, al mistero della Storia diventata bambina, avvolta in fasce e adagiata in una mangiatoia, cibo caldo per tutte le storie.

Lascio spazio allora ad una storiella del Natale, raccontata però da un gigante della filosofia innamorato del mistero dell’Incarnazione: Søren Aabye Kierkegaard. C’è dell’arte, della poesia, della musica e della mistica in questo racconto che propongo sfoltendolo dagli elementi puramente filosofici.

C’era una volta un re (Dio) che si era innamorato di una fanciulla poverissima (l’uomo) e desiderava sposarla con grande scandalo per tutta la corte. Quando tutto è pronto per il fastoso matrimonio, il re viene preso da una «preoccupazione»: la ragazza sarà davvero felice? Penserà, forse, di essere stata semplicemente «fortunata» per essere stata scelta dal re? In questo caso lei si riterrà propriamente non degna di venire tanto elevata; e un giorno – teme il re – potrebbe addirittura rimpiangere di non aver potuto fruire dell’amore di qualcuno della sua stessa condizione. E comunque potrebbe soffrire per questa enorme distanza di condizione. Che cosa deve fare allora il re? Deve stregare la fanciulla con gli sfarzi della gloria regale affinché non pensi al suo passato di miseria? Questo avrebbe fatto contenta la fanciulla; ma non poteva soddisfare il re, il quale non voleva la sua gloria, bensì quella della fanciulla: l’amore non cambia l’amato, ma cambia se stesso. Bene, se l’unione d’amore non si può raggiungere attraverso un innalzamento della fanciulla, allora può avvenire soltanto grazie ad un abbassamento, e fino all’umiltà più profonda. E la vera umiltà è stare al servizio degli altri. Per questo Dio deve mostrarsi nella figura del servo. Ma questa sua figura non è una maschera, un costume, un mantello, ma è la sua vera figura. Questa, infatti, è l’imperscrutabilità dell’amore: diventare della stessa natura dell’amato. Qualsiasi altro tipo di rivelazione sarebbe per l’amore di Dio un inganno.

Auguro un Natale in ginocchio a lasciarci modellare, interrogare e zittire dal Verbo in fasce. Forse queste prepotenti sculture contemporanee possono aiutare le nostre parole s-fasciate a rispettare il silenzio di Dio nel suo Natale.


don Giammaria Canu




Jago, Prigioni (2016), marmo. Non è vero che Dio è paziente!


Jago, Il figlio velato (2019), marmo. Il Verbo avvolto in fasce: la Storia riassunta in quella storia iniziata in una mangiatoia e conclusa delle fasce del sepolcro.


Jago, Attraverso (2015), marmo. Il Verbo emerse in carne.


J. Kounellis, Senza titolo (1969), lastra di ferro e uovo. La purezza dell’arte povera: un presepe glaciale; una trascendenza schiava (Fil 2,7) di un guscio carico di mistero che affiora da una mangiatoia d’acciaio freddo. Tutto è mistero per Kounellis che si definisce allo stesso tempo «poeta muto, pittore cieco e musicista sordo».


Jago, Sottopelle (2015), sasso di fiume. L’acqua del tempo passa finché non taglia la ferita e scoperchia la carne viva.


Jago, Ego (2007), marmo, «Autoritratto». E il Verbo si fece mano di scultore: «eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, mentre le parole proclamano le opere e illustrano il mistero in esse contenuto» (Dei Verbum 2).

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