Messaggio Natalizio del Vescovo
Il Natale in quattro verbi.
Per entrare dentro la Basilica della Natività a Betlemme occorre abbassarsi. La porticina che immette nella grande chiesa protegge da sempre l’edificio sacro da incursioni di ogni tipo ed è molto educativo dover chinare il capo, prima di entrarvi, altrimenti ci si può far male sbattendo la testa contro il muro.
Questa porticina è eccellente esempio perché scendiamo giù dai nostri sgabelli che troppo spesso erigiamo a troni. E rendiamo omaggio al Bambino Gesù, riconoscendo in Lui il Figlio di Dio che ha scelto l’umiltà assoluta per entrare nel mondo. Umiltà, troppo spesso la grande assente dai nostri cuori, dalle nostre parole, dai nostri ambienti di vita. Senza umiltà, difficilmente si cresce e si migliora. Per questo stile che ha del rivoluzionario nel nostro mondo e per evitare di “scomunicare” o di standardizzare il Natale basta prendere sul serio i verbi del racconto evangelico della Natività. Essi rappresentano l’esperienza dell’umiltà e della fede nella sua essenzialità.
Andare… un verbo di movimento che caratterizza tutti i credenti, a partire da Abramo. Non si tratta, però, di un percorso qualsiasi. Ha una meta, un punto di riferimento, ed è stato l’annuncio riferito a fornirlo: “Oggi è nato il Salvatore, il Cristo, il Signore”. Lo stesso angelo che permette di identificare il “segno”: un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia. Se i pastori si muovono, se affrontano la notte è perché vogliono “vedere l’avvenimento che il Signore ha fatto conoscere”.
Trovare… Viene subito da aggiungere: Chi cerca, trova. Infatti, quando si cerca Dio e ci si lascia guidare si finisce sempre col trovarlo. E quello che accade ai pastori, sembra tutto così facile ma non lo è! Perché c’è una distanza notevole tra i titoli assegnati a quel neonato e quello che vedono gli occhi. Salvatore, Cristo, Signore: termini che fanno pensare ad un potente, ad uno che viene da una famiglia nobile. E invece la realtà è molto modesta: un alloggio di fortuna, un bimbo appena nato tra i disagi di un censimento, una mangiatoia per culla. Sì hanno trovato, ma solo perché hanno creduto.
Riferire… Non possono far a meno di parlare, i pastori. Non possono tenere per loro le scoperte di quella notte così strana e così esaltante. E allora raccontano quello che hanno udito e quello che hanno visto e in questo modo innescano una sorte di reazione a catena, generando stupore in tutti quelli che li incontrano e li ascoltano. Raccontare è un verbo della fede perché la fede è esperienza e ogni esperienza può essere trasmessa una narrazione che presenta gli avvenimenti e quello che passa per il cuore di chi vi assiste.
Glorificare e lodare… E’ l’esito di ogni autentica esperienza di Dio: non si può fare a meno di esprimere la gioia e la gratitudine per tutto quello che si è ricevuto.
Come vivere, allora, questo Natale? Il modo più sicuro e garantito è quello di vivere la stessa avventura dei pastori, di mettere in pratica quei verbi che hanno contrassegnato la loro esperienza di quella notte.
Sei disposto ad aprire il cuore alla parola di Dio nei tempi e nei luoghi in cui essa ti raggiunge? Sei pronto a lasciarti mobilitare, mettere in movimento da questo annuncio, anche se si rivela immediatamente scomodo, dal momento che ti obbliga a camminare nella notte? Sei pronto a fare strada per vedere i segni che ti vengono offerti e a trasmettere quello che ti è accaduto a tutti quelli che incontri?
Vieni anche tu, andiamo a Betlemme! C’è tanta gente, ci sono i poveri, gli umili, quelli che nessuno ama. Qui trovi l’essenza di tutto quello che devi capire nella tua vita. Tutto il resto fa da contorno.
Se faremo così, se imiteremo l’umiltà dei pastori, le nostre attese non verranno tradite e questo sarà un buon Natale, il Natale del Signore Gesù!
+don Corrado vescovo
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