Il vescovo Corrado scrive alla diocesi per la festa di S. Antioco

La pandemia: sfida drammatica o occasione preziosa

Carissimi fratelli e sorelle della diocesi di Ozieri, ho pensato di scrivervi per condividere pensieri e sentimenti in prossimità della festa di S. Antioco patrono della nostra diocesi e della Sardegna. Desidero proporvi qualche riflessione, nella comune preoccupazione per la situazione che il nostro territorio sta vivendo a causa della pandemia in corso. Innanzitutto esprimo la mia vicinanza e quella dei sacerdoti a tutti quelli che stanno soffrendo e vi ringraziamo dell’adattamento alle regole. Prendersi cura, condividere, incoraggiare e sperare diventano i verbi a cui ci vogliamo sempre più affezionare e che esprimono la chiamata di Dio in questo tempo.

Verbi che diventano l’occasione per una consapevolezza diversa e nuova di essere persone e comunità in cui maturi una coscienza più profonda e più vera di ciò che è essenziale per la vita.

La Caritas diocesana è attrezzata per supportare le Caritas parrocchiali e le iniziative straordinarie che si intraprendono nelle parrocchie.

Durante questi mesi abbiamo scoperto che non si può restare indifferenti alla disperazione economica e alla perdita del lavoro di tante famiglie e di singoli, non si può restare insensibili a comprendere i bambini e i giovani, non si può restare menefreghisti alle paure degli anziani.

La nostra psiche è provata, tutto è capitato senza che fossimo preparati.

La parola che più abbiamo sentito ripetere in questo tempo è stata “fragilità”. Abbiamo capito e constatato con mano che siamo fragili: come singoli e come società, come economia e come sistema pubblico, come creato e come chiesa.

La fragilità della vita umana non è più l’eccezione, ma la normalità. Questa considerazione non deve portare alla rassegnazione, ma a una reazione ragionevole e impegnata, ciascuno secondo le proprie possibilità, per arginare i pericoli e superare questi momenti difficili. In questa ottica vanno viste anche le limitazioni che le esigenze di salute pubblica chiedono alle nostre comunità e alle loro molteplici attività.

Anche perché la grande tentazione di questo momento è quella di buttarci nel passato o nel futuro: rimpiangere il passato o evadere in un futuro che non possiamo in realtà immaginare.

Potremmo definire questo tempo come l’occasione di “prova della fede”. San Pietro nella sua Prima Lettera scrive che la nostra fede è più preziosa dell’oro, che pure viene anch’esso provato (cf. 1Pt 1,7). “Prova della fede” significa scoprire su che cosa poggia veramente la nostra vita, qual è il fondamento ultimo che determina ogni istante e che nessuna forza ostile potrà mai cancellare.

La prova fa venire a galla ciò su cui poggiano veramente la vita e la fede.

Due spunti costruttivi a mò di chiusura.

In primo luogo, abbiamo bisogno di attingere alle risorse della nostra fede nella loro integralità. Senza trascurare la cura per la propria e altrui salute, dobbiamo far sentire che il cuore della carità batte ancora più forte in questo tempo a sostegno spirituale.

Il nostro cammino di fede non poteva essere portato più decisamente alla sua radice: “Non abbiate paura”, il Signore è con noi anche dentro le nostre travagliate realtà individuali e comunitarie. “Non siamo autosufficienti, da soli affondiamo, abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle”, ebbe a dire papa Francesco, in quel memorabile straordinario momento di preghiera sul sagrato della basilica di S. Pietro. “Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli, sperimenteremo che, con lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai”.

Il secondo spunto costruttivo lo suggerisce S. Antioco missionario e martire del Vangelo.

Mi chiedo se una comunità che si stacca sempre più dalle parole del Vangelo per indifferenza o per disinteresse riesce a trovare altre parole per stare nella fragilità di questo tempo?

Sono certo che le parole del Vangelo, ieri come oggi, possono ancora portare linfa vitale ai pensieri, alle azioni, alle emozioni, con un po’ di speranza.

La parola del Vangelo, con lo spirito che la anima e con il sangue dei martiri, raggiunga ancora le nostre coscienze, e, se necessario, le scuota un po’.

+ don Corrado

Il vescovo scrive alla diocesi (scarica il documento in formato PDF)

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