UN GRAZIE, UN CAMMINO, UNA SPERANZA
Carissimi fratelli e sorelle,
oggi, a dieci anni dalla mia ordinazione episcopale, sento il bisogno profondo di fermarmi un momento e dire grazie. Grazie al Signore, che mi ha chiamato e accompagnato. Grazie a voi, che siete stati la mia Chiesa, la mia famiglia, la mia strada.
Il 13 settembre 2015, ho ricevuto l’ordinazione episcopale e, con essa, un legame indissolubile con la Chiesa di Ozieri. Quel giorno non è stato solo l’inizio di un ministero, ma l’inizio di una storia d’amore: tra un pastore e il suo popolo. Una storia fatta di ascolto, fatiche, sorrisi, perdono e fiducia reciproca.
Vorrei che questo anniversario fosse sentito come “nostro”, perché ogni passo, ogni scelta, ogni prova, l’abbiamo vissuta insieme. E se qualcosa di bello è accaduto, è stato frutto della grazia di Dio e della corresponsabilità di tutti. Nessuno cammina da solo.
Un cammino di relazioni, non di prestazioni
In questi anni ho imparato che il cuore dell’episcopato non è il fare, ma l’incontrare. Non le attività, ma le persone. Ho cercato di costruire relazioni fondate sulla stima, sul dialogo, sull’ascolto sincero. Ho fallito molte volte, lo so. Ma mai ho smesso di voler bene e di voler camminare insieme.
La misericordia ha sostenuto la mia fragilità
Il Signore mi ha educato anche attraverso la sofferenza. Le prove non sono mancate. Ma posso dire, con il cuore in pace, che la sofferenza non mi ha mai tolto la speranza. Anzi, è diventata spazio dove ho potuto sperimentare la tenerezza di Dio, la sua forza che si manifesta proprio quando mi sentivo più fragile.
Non sono un Vescovo speciale. Non ho carismi straordinari. La mia fede è rimasta semplice, fragile come quella di chiunque altro. Ma ho visto lo Spirito agire nonostante me, e questo mi ha insegnato che la Chiesa è opera Sua, non nostra.
Il popolo di Dio: una ricchezza immensa
In questi dieci anni ho conosciuto e amato tanti sacerdoti, diaconi, laici, giovani, famiglie, anziani. Ho imparato da ciascuno. La vostra fede concreta, spesso silenziosa, è stata per me una scuola di Vangelo.
Ai sacerdoti e diaconi, dico grazie. Siete stati fratelli e compagni. La mia missione si compie attraverso la vostra dedizione quotidiana. So che non è sempre facile, ma credo profondamente che nell’unità del presbiterio c’è una bellezza e una forza che può cambiare il mondo.
Ai laici, la parte più numerosa della nostra Chiesa, voglio esprimere la mia ammirazione. In famiglia, nel lavoro, nella vita sociale, siete lievito nella massa. La vostra presenza negli ambiti civili e ecclesiali è segno di un Vangelo vivo, incarnato, reale.
Un pensiero speciale va ai giovani: siete il presente, non solo il futuro. Abbiate coraggio, formatevi bene, cercate la verità. La Chiesa ha bisogno della vostra passione, della vostra libertà, del vostro cuore intero.
Per chi soffre: siete nel mio cuore
Non posso dimenticare i poveri, gli ammalati, i carcerati, gli immigrati, le famiglie in difficoltà. Siete voi il volto crocifisso ma anche risorto del Signore. La Chiesa vi appartiene. Non siete ai margini, siete il centro del Vangelo.
Guardando avanti, con fiducia
Dieci anni sono un tempo significativo. Ma non sono un traguardo. Sono una nuova partenza. Guardo avanti con il desiderio di servire ancora, di ascoltare di più, di amare meglio.
Come ho fatto fin da bambino, metto tutto nelle mani di Maria. Lei sa custodire ciò che noi spesso non comprendiamo. E ogni giorno, offro l’Eucaristia per voi, con gratitudine e affetto.
Vi abbraccio uno ad uno. Vi benedico con cuore di padre, fratello e amico ✠ don Corrado
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