“Gesù è entrato nel mondo riempendo una culla e ne è uscito svuotando un sepolcro. Siamo fame, siamo il bisogno, siamo il vuoto, siamo apertura ad un incontro che solo può dare senso alla vita”.
Sono parole di grande profondità di don Alessandro Dehò sacerdote ed eremita.
Riempiere e svuotare; due verbi che tracciano la vita di Cristo dalla nascita alla morte, da Betlemme al Calvario, fino alla risurrezione.
Di riempimenti e di svuotamenti ciascuno di noi ne vive molti e mi sembra interessante dedicare tempo e riflessione su ciò che ci riempie e ciò che ci svuota. In fondo in fondo un percorso pasquale a tutti gli effetti.
C’è prima di tutto il verbo riempiere, bellissimo. Significa “tutto ciò che può essere contenuto”, nessuno spazio vuoto. Nella Scrittura, attribuito a Dio, indica la sua presenza in ogni cosa, la sua sapienza, la sua gloria, la sua conoscenza che riempiono la terra come le acque ricoprono il mare (Is 11,9). C’è soprattutto poi il grembo di Maria, riempito di Dio completamente; c’è lei, piena di grazia, in cui nessun posto è stato lasciato al peccato. Anche Maria si riempie e poi si svuota dando al mondo Gesù; ma prima di riempirsi si svuota. E proprio perché era spazio disponibile, Cristo ha potuto mettere la sua dimora in lei, in modo ineffabile.
Il verbo svuotare è anch’esso bellissimo, nelle due forme attiva e passiva, con quell’indicare una capienza libera e pronta.
Nella vita di Gesù i due verbi sono stati presenti spesso e lui li ha coniugati in riferimento a sé stesso (Fil 2,7) ma anche offrendone ad altri i percorsi di attuazione e di liberazione. Li ha usati nelle parabole, indicando di che cosa deve riempirsi la vita e di che cosa deve svuotarsi.
Gesù è venuto incontro agli innumerevoli vuoti umani. A quelli materiali, donando vita, salute, pane; a quelli spirituali come relazioni, fede, ragioni per vivere e agire, significati per i tempi difficili e quelli visitati dalla gioia.
Guardando a Gesù ognuno può porre domande a sé stesso su cosa è necessario fondarsi, ponendo cura a ciò che significa pienezza e alla sensazione di vuoto incolmabile che tante volte consideriamo negativo mentre potrebbe essere l’occasione di accoglienza della verità.
Nei tempi difficili che stiamo vivendo, nel vuoto distruttivo delle guerre è forte la tentazione di sottrarci ricercando ansiosamente sicurezze temporanee. Riempire la mente di pensieri egoistici è un metodo molto efficace per svuotare la propria persona dell’io spirituale. L’ego vive per riempirsi di sé non per donarsi.
Ma quando ci poniamo con Cristo nel suo cammino pasquale, si vede quanto siamo vuoti e bisognosi non solo di essere amati ma di amare; siamo in grado di vedere quanto le persone siano vuote di sapienza, di fede, di salute: li guardiamo con gli occhi di Gesù che si commuoveva davanti a loro. Oggi per questo manda noi. E noi, pieni di Dio, possiamo percorrere in modo pasquale la nostra esistenza.
Lo sguardo pasquale sulla vita e sulla storia ci coinvolga come singoli e come comunità, di ieri, di oggi e di domani: un’unica continuità che ha come chiave la risurrezione di Gesù che dona accoglienza verso il passato, fiducia verso il presente e speranza verso il futuro.
Che la nostra gioia e la nostra speranza crescano di giorno in giorno!
Buona Pasqua!
+ don Corrado vescovo