Il re è nudo
Da poco un giovane mi ha confessato: «mi sembra che io non riesco a farmi le domande corrette su Dio». Mi è venuto da rispondergli: «eccotene una: perché mai Dio ha cessato di creare le cose, affidando a noi tutti gli attrezzi e l’attestato di “con-creatori”? Eppure, stavano venendo così bene quando era il solo artigiano! Che bisogno aveva di cercarsi, anzi, di crearsi dei “manovali”, peraltro un po’ cialtroni, un po’ pasticcioni e solo pochi veramente artisti?». Non avevo sottomano il Vangelo di domenica scorsa, sennò gli avrei mandato lo screenshot di quella pagina facendogliene leggere solo i primi 2 versetti per elaborare quella stessa domanda: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì». Poi, per una pista di risposta, gli avrei proposto quel versetto ripetuto due volte per i primi due servi: «Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone».
Sta nascosta dietro questo tipo di “atteggiamenti divini” la vera immagine del Dio di Gesù, ma qui sono maestri i teologi ebrei che fin dai tempi dei primi commentatori e traduttori della Bibbia ebraica (midrashim e targumim) si sono interrogati sul perché Dio si sia ri-tratto, con-tratto, dis-tratto, allontanato dalla Creazione affidando il proseguo dell’opera all’uomo (teoria interessantissima dello Tzim Tzum, o dell’auto-limitazione di Dio). Nella pagina del Vangelo di domenica scorsa, e ancora meglio in quella di domenica prossima, sembra farsi strada la risposta che viene dalla fede in Gesù di Nazareth. Proprio lui: un re atteso trionfatore, in abiti di lusso, con una reggia sontuosissima e invece visibile solo con gli occhi di un bambino: «il re è nudo», urla con lucidità il bimbo dell’omonima fiaba di Andersen, mentre la folla adulta applaudiva ai nuovi abiti solenni e invisibili indossati dal re ingannato da due astuti tessitori. Anche gli affamati, gli assettati, stranieri, nudi, malati, carcerati di questo mondo sono lì ad indicarci e urlarci: «testoni! Ma proprio non capite: il re è nudo, proprio come noi… e ciò che fate a noi, lo avrete fatto a Lui!». Questa è, per chi ci vuole stare, la proposta del Dio della Bibbia: Lui si allontana dalla sua opera, come una sorta di “distanziamento creaturale” che lascia spazio alle capacità artigiane (talenti) messe nelle mani dell’uomo per completare la sua Creazione.
Resta però la domanda dell’inizio: «chi gliel’ha fatto fare?». Beh, a stare ai testi di queste due domeniche sembra proprio che il suo bisogno fosse quello di condividere la sua gioia («prendi parte alla gioia del tuo padrone» – e a quanto pare è una gioia immensa, se è il “molto” su cui hanno potere i due servi che erano stati fedeli nel “poco” dei talenti fruttati, e un talento sono 30 anni di lavoro di un operaio!) e condividere la sua casa già pensata, progettata e costruita per chi tende la mano ai suoi “fratelli più piccoli” («il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo»). [chiedo scusa per la confusione del periodo: da rileggere con il testo di domenica scorsa sott’occhio!].
In fondo, Dio ha bisogno di essere Dio in pienezza. Come un padre e una madre, psicologia (e buon senso) vogliono che siano e si sentano pienamente babbo e mamma solo quando un proprio figlio esce di casa con tutta l’attrezzatura per diventare a sua volta babbo o mamma. Questa è la gioia grande anche per Dio: sarà pienamente Dio quando la creatura fatta a sua immagine diventerà con-creatore, farà fruttare i suoi (del padrone) beni e potrà abitare nel regno che Lui aveva già preparato. Insomma: la deità di Dio, dipende dalle nostre mani!
E quando avverrà questo? Stando alla parabola della prossima domenica: ogni volta che un suo figlio si accorge che anche Lui è nudo, Dio si sente proprio Dio. E per questo, servono occhi e cuore da bambino.
don Giammaria Canu