Inciampare sull’imprevedibile.
Abbiamo ingranato con le pagine del Vangelo di Marco e iniziamo a gustare alcune delle sue tipicità. Come per esempio l’attenzione amorevole, delicata ma decisa e autorevole che Gesù ha nei confronti di chi cade facile preda del male, del demonio, del divisore, del frantumatore.
Il Vangelo di domenica prossima, fin dalle sue prime battute («entrato di sabato nella sinagoga») ha il sapore della rivelazione di qualcosa di nuovo, di mai sentito (inaudito), mai visto (imprevedibile) e ancora non del tutto capito (inspiegabile): di sabato e in una sinagoga, Gesù ci sta stretto. E infatti, davanti a Gesù che di sabato parla in sinagoga a Cafarnao cala una coltre di domande, speranze, desideri, sospetti, stupori, dubbi, smarrimenti, incognite, sorprese, intuizioni, fiducie, scelte, consolazioni, affascinazioni, sguardi, perplessità, sogni, resistenze, epifanie-svelamenti, inneschi, affidamenti, arrabbiature, certezze, delusioni, giustificazioni, meraviglie, sotterfugi… tutto e il contrario di tutto, come se l’innesto di Dio nella carne rovesciasse e contorcesse il lineare e sereno andamento dell’economia del cuore umano. A quei tempi, il sabato e la sinagoga era per ogni israelita la normalità, la ferialità, la pacifica serenità del week end accettata da tutti, sopportata da alcuni (il popolo muto che inghiotte) e venerata da altri (le autorità che dettavano i ritmi della vita). Ecco cosa è venuto a scardinare il Verbo di Dio.
«Gesù Nazzareno, sei venuto a rovinarci?», chiede il posseduto. Decisamente si! Gesù è venuto a rovinare tutto ciò che ci rovina. A restituire all’uomo cose infinitamente immense che appartengono alla vita e che piano piano, morso dopo morso, sono state rubate all’umanità. Il male, il demonio, il divisore è ghiotto di carne umana e la carne umana facilmente si sottomette alla sua autorità. Ma Gesù conosce un’altra storia, quella di Dio, quella del male già sconfitto in partenza. Gesù ha potere pure sugli spiriti impuri del male: «comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono». E la stessa cosa accadeva nello “spirito libero” di chi lo ascoltava: «ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi». Che bella l’esperienza dello stupore. È proprio un minestrone di sentimenti tutti insieme, ma con la caratteristica di partenza di “sentirsi disarmati”, infinitamente più piccoli dell’esperienza che ci si presenta e allo stesso tempo infinitamente grati perché quell’esperienza si è donata a me, ha scelto me come destinatario, mi fa sentire privilegiato. Quindi, davanti a Gesù che parlava in sinagoga stavano solo in ascolto, tutt’orecchi per non lasciarsi sfuggire nulla, meravigliati per qualcosa di inaudito e di imprevisto. Erano contemporaneamente disarmati e grati, piccoli ma privilegiati, svuotati di sicurezze (quelle degli scribi) ma riempiti di vie nuove, piste per il Paradiso, autostrade per il Regno. Dovrebbero averla gli scribi quest’autorevolezza, in quanto loro sono le autorità costituite per trovare le scorciatoie verso Dio, ma invece non funzionavano, anzi: «legavano pesanti fardelli», altro che accorciare la via della santità. Il Rabbi che veniva da Nazareth, invece, non aveva bisogno di titoli di studi, perché conosceva già la strada (l’aveva percorsa in discesa!) e ora voleva rifarla portandosi appresso tutti gli uomini e tutto l’uomo, ma proprio tutto: «questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato» (Gv 6,39).
Ma cosa c’era di così autorevole? C’era proprio il significato della parola “autorevolezza”: vuol dire l’arte di riuscire ad aggiungere qualcosa di nuovo che prima non c’era. Gesù era un “aggiungitore” di vita e mentre aggiungeva strappava dal male. E quei privilegiati, quel sabato, in sinagoga a Cafarnao erano proprio cascati bene, inciampati sull’imprevedibile e stupefacente Dio. Tra di essi, pure un uomo posseduto dallo spirito impuro. Chissà quante volte ha ascoltato scribi e rabbi, ma nessuna loro predica l’aveva liberato. Adesso no. Con Gesù capita che è finito il tempo di vedersi mangiato dal male. Gesù strappa le redini al male, e pezzo dopo pezzo lo restituisce alla vita, gli aggiunge vita, ricompone la sua vita. Uno così o si fa finta di non credergli, oppure diventa l’unica persona da ascoltare e da seguire. Valeva la pena lasciarsi disturbare da questo rabbi.
San Beda, monaco anglosassone del VIII secolo, in questo primo miracolo marciano di Gesù riconosce il programma definitivo di liberazione del Salvatore: «Poiché la morte entrò nel mondo per l’invidia del demonio, per questo motivo la medicina della salvezza dovette operare in primo luogo contro lo stesso autore della morte… La presenza del Salvatore è un tormento per i demoni.
don Giammaria Canu