DOMENICA IN PAROLE, NOTE E COLORI – a cura di don Giammaria Canu

N. Ge, Cos’è la verità (1969).

Ti racconto un’altra storia.

Nel Pretorio, nel palazzo di Erode, luogo più alto di Gerusalemme, Pilato poteva avere la statura sufficiente per far discendere tutte le sentenze che l’imperatore Tiberio gli aveva autorizzato di comminare.

Quel giorno (verosimilmente venerdì 7 aprile dell’anno 30), vigilia della Pasqua, Ponzio Pilato entra a gamba tesa nella storia dell’umanità e ci rimane impastato. È rimasto solo con Gesù a parlare di regalità, ma anche di verità, e quindi della vera regalità. Geniale l’evangelista Giovanni che, come un regista contemporaneo, costruisce la scena muovendo le riprese dall’esterno all’interno. È interessante che in quel pretorio i Giudei non entravano per non contaminarsi negli ambienti pagani proprio prima della Pasqua e che Pilato debba fare avanti-indietro, dentro-fuori, tira e molla tra la folla vorace che stava all’esterno e il mite Gesù che sta all’interno, tra la sete di morte che lo tirava fuori e la vita profonda che lo attraeva da dentro, tra il delirio dell’opinione pubblica chiassosa e il dialogo pacato, schietto e affascinante tra Gesù e Pilato.

Nel vangelo di questa domenica di Cristo Re dell’universo siamo all’interno del pretorio. Gesù è accusato di essersi fatto Re dei Giudei e di minacciare ogni altro re concorrente, compreso l’imperatore. Forse la regia di Giovanni sta suggerendo di non prendere troppo alla leggera ciò che avviene dentro, dove la folla non ha voce, ma ha voce la verità. «Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce», conclude il Vangelo che ascolteremo domenica. E anche l’interno di Pilato, il profondo del suo cuore non rimane indifferente alla verità che gli stava accadendo davanti. Quel governatore inflessibile, arrogante duro, crudele (così ce lo descrive Filone d’Alessandria), trasferito da Cesarea a Gerusalemme in occasione della Pasqua, ha un cuore che si lascia interrogare. Lui, l’autorità massima e davanti a lui il prigioniero Gesù. Questa è la fotografia. Ma poi si accendono i microfoni del Pretorio e si assiste ad un’altra storia: Gesù interrogato diventa interrogante, l’imputato interroga il giudice, il prigioniero diventa Pilato e la statura interiore di Gesù sovrasta e schiaccia quella potente postura di Pilato. L’altezza di Dio e la bassezza dei progetti umani.

È tutta un’altra storia, la Storia: «Caro Pilato, io sono re, ma il mio regno non c’entra niente con il tuo. Facciamo parte di due mondi diversi. Siamo nello stesso mondo ma non siamo dello stesso mondo. Nell’intimo del cuore anche tu puoi scoprire di appartenere ad un’altra Storia, quella vera. Nel mio mondo sono beati i poveri, sono principi i liberi, sono eredi i miti, sono divinizzati i piccoli, sono padroni gli artigiani di pace». «Che fantastica storia è la vita… mi chiamano Gesù e faccio il pescatore e del mare e del pesce sento ancora l’odore. Di mio Padre e mia Madre, su questa Croce, nelle notti d’estate, sento ancora la voce. E quando penso che sia finita, è proprio allora che comincia la salita» (Vecchioni).

È la storia di un Re quella che racconta Gesù a Pilato. Un Re che non è geloso della sua regalità, ma la vuole contagiare. Proprio lì dove i giudei non entrano per non essere contaminati e diminuiti nella loro vicinanza a Dio; proprio lì dove Pilato dall’alto del palazzo esercita il massimo dell’autorità decidendo della vita o della morte; proprio lì Gesù racconta la storia di un regno che si immischia, si mischia, si incarna, un Dio che è re perché ama, anche senza ricevere amore. L’amore è il re. Servire è regnare: «i re di questo mondo dominano. Ma tra di voi il primo sia servo di tutti» (Mc 10,43-44). Non c’è storia migliore di questa. Perché questa è la mia storia; è la storia della mia salvezza. Non c’è verità diversa da questa: «non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13).

E noi? E noi pure siamo veri re se obbediamo alla legge scolpita nei nostri cuori, che è l’unica legge che ha osservato anche il Dio di Gesù: «amatevi, come io ho amato voi».

 

Contempla: N. Ge, Cos’è la verità (1969).

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Ascolta: F. de Andre’, Un giudice

Fu nelle notti insonni/ Vegliate al lume del rancore/ Che preparai gli esami/ Diventai procuratore/ Per imboccar la strada/ Che dalle panche d’una cattedrale/ Porta alla sacrestia/ Quindi alla cattedra d’un tribunale/ Giudice finalmente/ Arbitro in terra del bene e del male

E allora la mia statura/ Non dispensò più buonumore/ A chi alla sbarra in piedi/ Mi diceva “Vostro Onore”/ E di affidarli al boia/ Fu un piacere del tutto mio/ Prima di genuflettermi/ Nell’ora dell’addio/ Non conoscendo affatto/ La statura di Dio

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Chiediti: Cosa impedisce alla mia storia di appartenere alla Storia della Salvezza? Quante esperienze e relazioni della mia vita possono far parte della stessa storia di Dio? Cosa rende vera la mia vita?

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