DOMENICA IN PAROLE, NOTE E COLORI – a cura di don Giammaria Canu

San Giovannino gioca con l’agnello, detto Santu Juanneddu 
(statua lignea del XVII sec., conservata al Museo Diocesano di Arte Sacra di Ozieri).

Scegliere l’amore è diventato urgente.

Quando si ha davanti Giovanni Battista si ha l’impressione di dover fare i conti con un salto, un guizzo improvviso, un’impennata della Storia della Salvezza che deve scioccare, quasi ad abituare la storia a non allentare l’attenzione, perché sta per toccare con mano le vette della sua altezza, il punto di maggior vicinanza tra la terra e il cielo: la vicenda storica di Gesù di Nazareth.

Tutto sta a raccontare l’esigenza di un moto interiore profondo e irrefrenabile: prendere sul serio la possibilità che io posso essere radicalmente diverso, cambiato, rinnovato dal Vangelo. Perché? Perché sta per venire colui che è più forte di Giovanni Battista, il più forte di tutti, il più “battista” di tutti. E per accogliere Gesù non c’è bisogno di spostarsi, cambiare mestiere o buttare via tutto. C’è solo bisogno di conoscersi, di imparare a conoscersi e ad innamorarsi della propria vita, proprio come la conosce e la ama Dio. In quell’abisso che è il nostro cuore abita Dio che invita ad immergere (“battezzare” in greco) tutto, compreso il peccato nel suo oceano: «un abisso [il mio cuore] invoca l’abisso [Dio]» (Sal 42,7).

L’Avvento è il tempo degli abissi che non possiamo far tacere perché è da quella direzione che arriva Gesù, il grande abisso in cui è riassunto ogni nostro abisso, ogni nostra inquieta domanda di vita.

E allora, cosa c’è d’urgente da fare? Cioè: come continuare a invocare, chiamare, connettere il mio abisso all’abisso all’opera fin dalla creazione? Dio permette a me di aiutarlo a “fare”, verbo della creazione, e fare senza perder tempo: Lui ha un mondo da salvare! Di urgente c’è di obbedire alla legge dell’universo: l’amore. Non scappare davanti all’abisso che ascolta la Buona Novella dell’Abisso: «ama!». Imperativo che anche se tenti di fuggire e tornare indietro continui a leggere allo stesso modo: «ama!» (il più utile e il più essenziale dei palindromi).

E questo sembra valere nella pagina del Vangelo di domenica prossima soprattutto per chi si lascia meravigliare. Di certo non i frequentatori di templi e sinagoghe, ormai annebbiati dall’incenso e incapaci di frequentare l’abisso intimo. Sono la gente comune oppressa, stanca e disperata, i pubblicani maledetti dal popolo e i soldati odiati da tutti a rivolgersi a Giovanni: «la vita non può essere solo lavorare, mangiare, dormire, e poi di nuovo lavorare… Tutti sentiamo che il nostro segreto è oltre noi, che c’è una vita ulteriore, come appello o inquietudine, come sogno o armonia. Una fame, una voglia di partire: profeta del deserto, tu conosci la strada?» (Ronchi). E il profeta suggerisce la regola base dell’amore: quello che hai non è tutto tuo; ringrazia per quello che hai e dividi con chi non ce l’ha. In quel tuo cuore così risanato il fuoco può passare, battezzare, bruciare la paglia e raccogliere il frumento per il buon pane.

Adesso Giovanni non ha più nulla da dire. È diventato una freccia, un indice puntato, un traghettatore verso l’agnello che accende la Vita nella vita. Ogni volta che ti senti amato e ogni volta che ami, percepisci che stai nascendo un’altra volta.

_________________________________

Contempla: San Giovannino gioca con l’agnello, detto Santu Juanneddu (statua lignea del XVII sec., conservata al Museo Diocesano di Arte Sacra di Ozieri).

Immagine di grande tenerezza e potenza evocativa allo stesso tempo. Giovanni piccolo che prende confidenza con un agnello. Lo indica con l’indice destro puntando verso il basso, in direzione dissonante rispetto all’iconografia tradizionale dove punta l’indice verso l’alto: l’agnello toglie il peccato della terra, toccando la polvere della bassezza umana, dell’abisso delle fragilità che tengono imprigionato l’uomo. Nel tratto sorridente del viso sembra riecheggiare quel sobbalzare dello stesso Giovanni nel grembo di Elisabetta nell’accogliere Maria, la «madre del suo Signore». Mentre nella posizione impennata dell’agnello si può leggere l’agnello dell’Apocalisse, sgozzato, immolato, ma in piedi, vittorioso sulla morte, mentre innalza e impenna l’umanità verso il ritorno al Padre.

 _________________________________

Ascolta: Jovanotti, Montecristo

E dopo aver girato mezzo mondo col cuore in gola/ Mettendo molte vite dentro una vita sola/ Senza destinazione come un freak o come un matto./ Sapendo che ogni passo ed ogni trick/ È per onorare un patto che ho fatto./ Un giorno dell’estate del ‘76/ Quando dissi a me stesso “Ehi/ Diventa quello che sei/ Non come vogliono loro

 

_________________________________

Chiediti: Provo a dedicare spazio all’abisso per stare in dialogo con l’Abisso di Dio. Riconosco nell’intimo il grande desiderio di lasciarmi lavorare dall’amore, dal lasciarmi amare e dall’amare. Nel frastuono delle avventure della vita, cosa mi ha fatto diventare quello che sono e cosa mi fa diventare quello che sono?

condividi su