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DI DOMENICA IN DOMENICA - a cura di don Giammaria Canu

Domenica, 9 gennaio 2022.


Dio si accontenta.


Vengono i brividi anche solo a pensare alla serietà, alla drammaticità, alla profondità di vita di alcuni pensatori giganti della fede di fronte all’emergere altissima e profondissima la vocazione al battesimo. Penso in particolar modo a Simone Weil: mingherlina e malaticcia fisicamente ma con ali capaci di farla volare fino alle vette della verità, quelle che si toccano perlustrando i bassofondi della natura umana ferita, macellata, e perennemente vagabonda. Filosofa acuta aveva abbandonato i libri di carta sui pensatori greci e leggeva ogni giorno le pagine sgualcite e pasticciate dei libri di carne nelle fabbriche parigine degli anni Trenta. I più bei libri mai scritti raccontano di storie che sanguinano dal cuore e dal volto (basti pensare alla Bibbia, a Omero, a Dante, a Dostoevskij o a Grazia Deledda). Per quelle storie calpestate riconosceva che il Vangelo era già la strada di casa, dopo una lunga giornata o una lunga vita di logorante lavoro. Per questo, guardava lucidamente e amava follemente la Chiesa, pur standone fuori: «Simone Weil può essere collocata tra i carismatici della soglia, tra quei “teologi non computabili ecclesiasticamente” che hanno ricevuto un dono simile a quello del Battista». Così la definiva padre Perrin, suo interlocutore epistolare e padre spirituale che la paragonò ad una campana che sta all’esterno dell’edificio e che suona invitando più gente possibile ad entrare in chiesa. A lei piaceva stare sulla soglia, origliando e gustando ciò che avveniva dentro, ma aspettando con autenticità la vocazione ad entrare: «quell’istante in cui per una frazione infinitesimale di tempo, la verità pura, nuda, certa, eterna penetra nell’anima. Non assecondare un simile impulso quando sorge, anche se ordina di fare cose impossibili, mi appariva come la più grande delle sventure». Eppure, lei è sempre vissuta nell’attesa di quell’impulso vocazionale e probabilmente, fatta salva un’incerta testimonianza in punto di morte, non è mai stata battezzata, ma si sarà sicuramente presentata al Padreterno in fila assieme ai battezzati! Infatti: non sarà mai stata battezzata con acqua, ma quanto Spirito Santo e fuoco sguazzavano nelle profondità del suo cuore oceanico! Grazie Simone per aver regalato alla Chiesa un validissimo motivo per prendere sul serio il Battesimo e scusaci se ci capita nelle nostre comunità di 95% battezzati di sentire sempre più dialoghi del genere: «e dove battezzate vostro figlio?». Risposta: «a Montrigos!».

Veniamo al Vangelo di domenica: Dio prende sul serio il Battesimo. Per Lui il giorno del battesimo del Figlio è fonte di trepidazione, di orgoglio, di gioia, di festa: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento». È un Padre in elegantissime vesti e in solennissima voce che mostra tutto il suo splendore trinitario col Figlio e lo Spirito. E Gesù (figlio di papà!), in fila tra i peccatori, non condivide con ogni battezzato solo il destino di fatica e passioni, ma condivide anche quella stessa potentissima frase per cui ognuno può fregiarsi del titolo di “figlio” (e quindi erede senza aver detto neanche un Padre nostro) “amato” (ancor prima di sapere se sarà in grado di corrispondere a quell’amore) e può attribuire a sé il compiacimento, la gioia, la festa di Dio. Se la settimana scorsa dicevamo che l’Incarnazione è l’autorizzazione ad ogni uomo per scrivere la storia di Dio, il Battesimo è la certezza che anche la felicità di Dio è una cosa che dipende da ogni suo figlio. Dio si accontenta di una cosa sola: che ogni battezzato viva da figlio e non da schiavo; viva da “amato e basta” e non da “amato a patto che…”; viva nel mondo come “l’orgoglio, la gioia interiore, la festa del Padre” che lancia ogni figlio nella vita per scoprire quanto è grande la sua creatura. Lui crede in me, tifa per me, sa che io ce la posso fare a fare della mia vita un capolavoro, come la vita del Figlio Gesù.

In teologia, poi, ogni battesimo è segno efficace di una grazia che rilancia e replica all’eternità quella frase. Ma non l’eternità quella da aspettare quando scadrà il tempo di prova su questa terra (game over), ma all’eternità che irrompe nel quotidiano, quella che si impasta con i miei sbadigli del mattino, con le violente persecuzioni della noia, con le fatiche e con i successi, con i soprappensieri e le piccole soddisfazioni: tutto materiale per ac-contentare Dio e convincerlo sempre di più che non ha minimamente sbagliato a crearci così imperfettamente eterni.



don Giammaria Canu


Mike Torevell, The Baptism of Jesus (2019).

Gesù abbandonato sulle acque del Giordano, agganciato soltanto ai polpastrelli di Giovani Battista che, come un babbo che ha concluso la sua missione-vocazione di precursore, piano piano lascia che il successore prenda familiarità con le acque della vita e lo superi al più presto.

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