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DICEVANO I PADRI - a cura di don Giammaria Canu

Domenica, 3 Dicembre 2023.


L’arte dell’Avvento.


L’avvento è il tempo liturgico in cui prendersi del tempo per riflettere sul tempo. È il tempo per il tempo, è la scuola del tempo, è il maestro del tempo.

La prima lezione del maestro Avvento è che il tempo fa parte di quelle cose che vorremmo tanto possedere, dominare e rimaneggiare ma che possiamo farlo solo in maniera molto limitata, sapendo di non esserne minimamente padroni: «non c’è certezza più certa al mondo che quella di dover morire» (san’Agostino). Siamo, però, amministratori, artigiani, custodi del tempo. E questo non è mica poco: il tempo è tutto nelle mani di Dio e solo dentro Dio e dentro il suo sogno possiamo abbracciare, curare e riempire il tempo. E per questo l’Avvento è proprio un’arte. Come l’arte del vasaio che nel suo laboratorio plasma la creta: la ricava dalla terra (Qualcuno gliela fa trovare pronta), l’impasta con acqua, la mette sul tornio e con abile maestria manuale affina le pareti e mentre il tornio gira dà forma, arrotonda e smussa il manufatto. E se poi non è soddisfatto può ricompattare tutto e ripartire daccapo, proprio come Dio fa con l’uomo: «Questa parola fu rivolta dal Signore a Geremia: “Àlzati e scendi nella bottega del vasaio; là ti farò udire la mia parola”. Scesi nella bottega del vasaio, ed ecco, egli stava lavorando al tornio. Ora, se si guastava il vaso che stava modellando, come capita con la creta in mano al vasaio, egli riprovava di nuovo e ne faceva un altro, come ai suoi occhi pareva giusto. Allora mi fu rivolta la parola del Signore in questi termini: “Forse non potrei agire con voi, casa d’Israele, come questo vasaio? Oracolo del Signore. Ecco, come l’argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani, casa d’Israele”» (Ger 18,1-6).

L’Avvento è solo in parte il tempo dei bambini che ogni giorno aprono una casella del calendario nel cammino verso Natale. È, invece, il tempo sospeso, un regalo dello Spirito Santo per fermarci a guardare al nostro tempo e vederne gli spigoli, le rotondità, le pienezze e i buchi, le perfezioni e le voragini. È tempo prezioso anche per vedere col Signore se sia il caso di ricompattare la creta e ripartire da zero. È il tempo per prendersi cura del proprio tempo e guardarlo con gli occhi della fede, riconoscendolo posato sulle mani del Creatore, mandato avanti dal soffio dello Spirito e abitato, incarnato e visitato continuamente da Gesù. Ma soprattutto è il tempo in cui alleniamo il cuore a scoprire i vagiti di Gesù che giace nelle pieghe e nelle piaghe della nostra vita.

Nel Vangelo di domenica Gesù invita, con un cuore carico di paterna fiducia nelle capacità dei suoi figli, alla vigilanza: «Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate». Nell’arte dell’Avvento, la vigilanza fa riferimento allo sguardo attento, agli occhi sgranati, al cuore allertato, alle mani operose, mani pronte a far rientrare ogni sporgenza del vaso che rischia di rovinare il lavoro e a colmare ogni vuoto che dovesse crearsi. È una vigilanza operosa che prende sul serio il presente come il migliore dei “presenti” che Dio ci possa concedere e come tale capace di realizzare miracoli: «Dai a ogni giornata la possibilità di essere la più bella della tua vita» (M. Twain). La metafora utilizzata da Gesù è quella di un padrone di casa che ai suoi servi affida la sua casa, ciò che egli aveva di più caro, più bello e più fragile. E se Dio mette la sua casa nelle nostre mani, niente di ciò che viviamo è banale o da buttar via. Nessun “presente” si merita di essere scartato, perché dietro ci potrebbe essere nascosto proprio il miracolo. C’è tanto di quel bene che possiamo fare, che restare assopiti, annoiati o narcotizzati dal mondo, è proprio un vero “peccato”, il vero e grande peccato.

L’Avvento è perciò un’arte penitenziale. Sant’Atanasio, un grande padre della Chiesa, sapiente e innamorato del mistero dell’Incarnazione, lo descrive come il tempo dedicato alla cura dei dettagli: «Così il Verbo celò a noi la fine di tutte le cose e delle singole cose in particolare (infatti la fine delle singole cose, è anche la fine di tutte, poiché la fine di tutte le cose è contenuta nella fine delle singole); dato che quel giorno è incerto e viviamo nell’aspettativa di esso, ogni giorno come chiamati cammineremo, tutti protesi verso quelle cose che per noi sono più importanti, e dimenticando le cose secondarie. Chi, infatti, avendo conosciuto il giorno ultimo della fine non trascurerà il tempo intermedio? E al contrario chi, non sapendolo, non si preparerà ogni giorno? Per questo il Salvatore aggiunse: Vegliate in ogni istante e custodite preziosamente ogni indizio di Dio, perché non sapete quando verrà il Signore».


don Giammaria Canu


R. Martinez-Artero, La pienezza del vuoto (2007). L’artista rappresenta uomini, donne, bambini, tutti in movimento e a diverse velocità, seguiti dalle proprie ombre, sospesi nel tempo mentre attraversano un infinito luogo di passaggio, vuoto ma pieno di luce e ombre, e ogni luce diventa “elogio dell’ombra”.

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