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DICEVANO I PADRI - a cura di don Giammaria Canu

Domenica, 17 Dicembre 2023.


Elogio dell'incompiutezza.


Proviamo a leggere il Vangelo di domenica prossima con la lente d’ingrandimento dell’incompiutezza, che è la cifra della vita: finché c’è qualcosa d’incompiuto, c’è vita; finché c’è attesa e desiderio di compiutezza, c’è vita.

Incompiuta è la creazione quando Dio chiede al primo uomo: «siate fecondi e moltiplicatevi» (Gen 1,28).

Incompiuti siamo noi, figli del divenire sempre qualcosa d’altro.

Incompiuta è la storia che nel tempo si dispiega e regala sempre nuove sorprese, colpi di scena e seconde possibilità.

Incompiuto è il Vangelo che, domenica scorsa si è dato come definizione d’essere all’inizio, o meglio di essere l’inizio, sempre allo start di qualcosa che mette i primi passi, emette i primi vagiti e non smette la sua corsa nel mondo.

Incompiuta è la relazione di Dio con l’uomo che è appesa a quell’ingrediente che Dio ha aggiunto con abbondante generosità nell’impasto umano e che chiamiamo “libertà”. Crolla la liberà e crolla la relazione con Dio. Crolla la libertà e va in frantumi la gioia. Crolla la libertà e rimane al mondo ben poco di umano.

Incompiuto è il Verbo eterno di Dio che per scelta divina si incarna e si costringe al limite umano, si de-finisce in una persona umana ben precisa che solo un’infinitesima parte dell’umanità ha potuto incontrare e che alla fine firma con la croce la sua vita, mortale tra i mortali, : «È compiuto» (Gv 19,30).

Incompiuto è pure Dio (lo dico in punta di piedi, ma senza alcuna paura di essere folgorato all’istante!) quando opera con l’uomo perché Dio sta in costante attesa della risposta umana. Cosa fa Dio? Aspetta l’uomo! Che lavoro fa Dio? Aspetta che l’uomo porti a compimento ciò che Lui ha iniziato. Andrebbe rimpolpata la frase dei riti di ordinazione: «Dio che senza di te ha iniziato in te la sua opera, con te la porti a compimento»: senza di te, Dio non porta a compimento un bel niente!

Incompiuta è la parola che, dopo essere stata trasportata dalla voce attende un orecchio e uno spirito che l’accolga.

Incompiuto è il disegno eterno di Dio, finché non «venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni».

Incompiuta è la luce priva di testimoni che la indichino, la raccontino e la facciano brillare.

Incompiute rimarranno per sempre le domande del tipo: «Tu, chi sei?», «Che cosa dici di te stesso?». Non avranno mai soluzione perché rimarranno sempre ampie aree della tua vita non illuminate a te, figuriamoci se le puoi illuminare a chi ti fa processo.

Incompiuta è la “voce” che dice di essere Giovanni, finché quel suono strillato non porta la Parola. Può gridare quanto vuole, ma non toccherà il cuore dell’uomo finché la Parola non inizia a rimbalzare e a toccare la vita di chi ascolta quella voce. Solo a quel punto, quando cioè Gesù inizia a calpestare le strade polverose e contradditorie della Palestina, la voce può smettere e dirsi finalmente compiuta: «il re Erode mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni» (Mc 6,27), finalmente zitto. Dal silenzio stava già emergendo la Parola.

Incompiuto è il battesimo esteriore di Giovanni Battista, fatto con l’acqua e frutto del grande sforzo umano di pentirsi e convertire la propria vita. Ma, attenzione, incompiuto è anche il battesimo nello Spirito Santo, opera di Dio che però, avendo a che fare con l’uomo, ogni giorno rinnova con creatività la sua proposta di amore, battezzandolo (letteralmente immergendolo) in sempre nuove acque, ma rispettando la libertà sovrana dell’uomo di accogliere o meno il battesimo o restarsene al secco.

Incompiuta, secondo sant’Agostino, è la nostra meta, senza Cristo che viene a prenderci con i suoi profeti e traghettarci alla meta. Giovanni indica la meta e Gesù viene incontro a noi per portarci alla meta:

«È come se uno vedesse da lontano la patria, e ci fosse di mezzo il mare: egli vede dove arrivare, ma non ha come arrivarvi. Così è di noi, che vogliamo giungere a quella stabilità dove ciò che è è, perché esso solo è sempre così com’è. E anche se già scorgiamo la meta da raggiungere, tuttavia c’è di mezzo il mare di questo secolo. Ed è già qualcosa conoscere la meta, poiché molti neppure riescono a vedere dove debbono andare. Ora, affinché avessimo anche il mezzo per andare, è venuto di là colui al quale noi si voleva andare. E che ha fatto? Ci ha procurato il legno con cui attraversare il mare. Nessuno, infatti, può attraversare il mare di questo secolo, se non è portato dalla croce di Cristo. Anche se uno ha gli occhi malati, può attaccarsi al legno della croce. E chi non riesce a vedere da lontano la meta del suo cammino, non abbandoni la croce, e la croce lo porterà».




don Giammaria Canu




LEONARDO, Adorazione dei magi (1482). Uno dei più famosi incompiuti della storia. In realtà, non solo non disturba l’incompiutezza del quadro, ma averlo completato a colori non renderebbe con altrettanta efficacia il rumore e trambusto che ruotano attorno al piccolo Gesù e alla serenissima sua mamma: un bambino sta portando nel mondo la vera pace.

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