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DICEVANO I PADRI - a cura di don Giammaria Canu

Domenica, 4 febbraio 2024.


Dio dell'altrove.


Abbiamo il vizietto di localizzare le persone, di sistemarle in recinti, Dio compreso: in una chiesa, in una preghiera, in un’esperienza. E invece no! Dio sfugge alle grinfie umane. Gesù scappa dai progetti umani troppo quadrati. Dice nel Vangelo di domenica prossima che è «venuto per andare altrove, nei villaggi vicini, per predicare anche là». Un Dio scivoloso che dribbla ogni presa umana. È certamente un Dio altamente irritante, perché sfugge alle nostre sicurezze e, inevitabilmente, ci obbliga a rimetterci in marcia sulle sue tracce, proprio quando pensavamo di averlo finalmente ben (com)preso! È venuto ad abitare la confusione e a mostrare a noi come si abita la confusione, la contraddizione, l’imprevisto… ma non nel senso che preferisca il disordine! Gesù porta con mitezza lo sguardo più bello che si possa avere sulla carne umana: questa non è tagliata con l’accetta, ma è piena di sbavature, di eccezioni e difetti. E di quei guasti Dio si innamora, li abbraccia, li vive e li ri-orienta, li riorganizza, li riordina: «non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,12).

Così Gesù entra a casa della suocera di Pietro e c’è da immaginarsi la scena di questa donna che avrebbe voluto fare la padrona di casa che riordina la casa, spolvera e prepara una merenda all’illustre ospite e invece no: la casa ha qualche ingranaggio rovinato. Gesù trova aria viziata, disordine e una donna tutta scompigliata che giace a letto con la febbre. Non si cura del contorno, ma punta dritto al Nemico, predatore di umanità. Il gesto è potentissimo da immaginare: Gesù che entra nella stanza, l’incrocio degli sguardi, poche o nessuna parola, Gesù che si china, tende la mano e attende il contatto con l’altra mano. E alla risposta dell’altra mano, il miracolo è fatto: una donna ha detto sì a Dio, fine della febbre e inizio di un’altra storia. La donna si mette in piedi (dalle mani quella potenza divina pervade il corpo fino ai piedi) e fa quello che fanno le persone vive: servono, tendono la mano, amano: «chi non vive per servire, non serve per vivere» (papa Francesco). Mentre chi serve vive e fa vivere. La gioia per l’opera di Dio diventa gratitudine operosa. Ma sapete come? La casa di Pietro, da chiusa, disordinata, luogo di dolore, accessibile a pochi intimi diventa il cortile dei miracoli: «tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni». Non è forse meraviglioso? Gesù prima si curva per prendere la stessa traiettoria storta della donna, poi la prende per mano per aggiustare la mira e ricalcolare il percorso, poi la fa alzare e la rimette in vita («ed ella li serviva»), e poi, quando tutto sembrava a posto e la giornata lavorativa stava per finire gli portano malati e indemoniati e Lui riparte daccapo.

E non finisce qui: al mattino sveglia presto, prima dell’alba. A colloquio col Padre, col direttore d’azienda, col Creatore di tutto a fare il bilancio consuntivo della giornata precedente e il preventivo di quella che stava per iniziare. Questa è preghiera: presentare i conti al Padre dei cieli, perché i conti devono tornare alla Trinità e non a noi: per noi una giornata di febbre è un bilancio in passivo; per Dio è un bilancio che attiva la diaconia, cioè il cuore e il motivo della vita e allarga gli spazi e i cortili ad ospitare altri miracoli. È la nostra storia: curati curiamo, liberati liberiamo, serviti serviamo, amati amiamo. Le mani raggiunte da Dio diventano capaci di raggiungere altre mani.

E infine, la gente che cerca Gesù, e Lui che sta sempre altrove, sempre dis-tratto, sempre lì dove non lo trova chi lo vuole a suo uso e consumo, a sua immagine e somiglianza (semmai siamo noi a immagine sua!). Quando ci aspettiamo di trovarlo ancora in sinagoga, lui inventa l’altrove della casa di Pietro. Se lo vogliamo acchiappare in una casa bella e profumata, lo troviamo a casa di una donna stralunata e maleodorante di febbre. Se lo rintracciamo mentre prega, lui va via, perché sa Lui dove stare e dove portare noi in quel momento: «venite e vedrete!».

La parola però a San Girolamo, che parla così del miracolo della suocera di Pietro: «Giaceva in un letto, da sola non aveva la forza di alzarsi, e perciò non aveva potuto andargli incontro. Ma questo medico misericordioso si accosta egli stesso al letto; la prese per mano e la fece alzare: che tocco meraviglioso! Prese la sua mano come fosse un medico, tastò il polso, si accorse del febbrone, e fu egli stesso il medico e la medicina».



don Giammaria Canu


REMBRANDT, Cristo che guarisce la suocera di Simon Pietro (1660). In questi pochi tratti, scompare tutto ciò che può disturbare la scena (Gesù mira dritto al problema), assieme ai due sguardi profondi, si incrociano le 4 mani fino a confondersi: la presa delicata di Gesù aspetta la risposta della donna che collabora nella sua risuscitazione. È il chinarsi di Dio che innesca la Pasqua dell’uomo.

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