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DICEVANO I PADRI - a cura di don Giammaria Canu

Domenica, 25 febbraio 2024.


Inciampare sulla luce.


La potenza della fede risiede tutta in un “che bello”. Il vero inizio della fede scocca da una bellezza che irrompe e prorompe, senza essere cercata, programmata o invocata, ma inaspettatamente accolta e gustata. La fede avviene perché, mischiato al “che bello”, subito sopraggiunge la gioia: bellezza e felicità sono inscindibili, l’uno attira l’altro, e se diventano la sorgente e la ragione di ogni decisione umana rendono le storie degli uomini veramente grandi. Se poi assieme alla bellezza e alla gioia, si incastra anche una voce che dice: «sei figlio e sei amato», neanche la peggior minaccia del mondo può resistere al potere di questo trinomio. Amore, bellezza e gioia sono i veri unici alleati contro le fatiche della vita, i deserti della storia, gli annunci della morte, e quindi, sono le vere scintille della fede.

Nel Vangelo di domenica Gesù conduce tre dei suoi discepoli (Pietro, Giacomo e Giovanni) sul monte Tabor. Gli fa aprire gli scrigni del cuore per riempirli proprio di bellezza, gioia e amore. Il tutto attraverso un’esperienza di luce: la Trasfigurazione. San Marco la fa (ac)cadere proprio nel mezzo, nel baricentro esatto, nel cuore più profondo del suo libretto, come a raccontare che da quel monte Tabor il Padre tende un filo – un raggio di luce – e che, se solleva da quel punto il mondo e la storia, tutto rimane in perfetto equilibrio, in perfetta tensione tra i primi 8 capitoli che ci prendono per mano fino a conoscere la vera identità di Gesù, la scelta di Dio per l’uomo, e gli altri 8 capitoli che avvicinano Gesù e ogni discepolo del Vangelo all’esperienza dell’amore più grande, quello della croce, della vita donata, della vita risorta. E la Trasfigurazione al centro: momento in cui tutti i segreti di Dio, quelli appena accennati in tutta la Torah (rappresentata da Mosé) e in tutti profeti (capitanati da Elia), sono messi a nudo, sono chiari, sono luminosi e risplendono.

C’è però il rischio di voler fermare la vita a questi inciampi sulla luce imprevedibili, inattesi e assolutamente gratuiti. Sono delle briciole di bellezza-gioia-amore piovute dal cielo per farti capire che “tu sei fatto per questo” e questa è la tua meta. Ma, attenzione, ci sono chilometri e fatiche da macinare ancora, altri 8 capitoli e non i più semplici da vivere, perché sono quelli che, passo passo, avvicinano al Calvario. E allora la Trasfigurazione deve finire per lasciare spazio alla vita che lotta, che impara ad amare e impara a conoscere il vero attraverso le cadute e tutto il contradditorio del mondo: «improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro». E scesero dal monte, lontano dal baricentro, dove la storia è confusa, squilibrata e disordinata, ma dove c’è la carne dell’uomo, dell’unica umanità creata da Dio, l’umanità contradditoria.

A commento di questo Vangelo, propongo una bellissima pagina di san Girolamo. Attraverso preziose metafore fa capire che, quando la storia ti fa il regalo inatteso di farti inciampare sul “meglio”, passi la vita a cercarlo, dribblando il “meno meglio” con tutte le tue forze finché non ne godrai stabilmente. Anche questo è uno dei compiti della Quaresima: far inciampare sulla luce per averne la memoria quando la notte diventa intollerabile. Con la Trasfigurazione, la Croce diventa sopportabile. Sentiamo Girolamo:

«Non fare tre tende uguali per il Signore e per i suoi servitori: questi è il Figlio mio amatissimo, è lui che dovete ascoltare; questi è il Figlio mio: non Mosè, non Elia. Costoro sono servitori, egli è figlio. Questi è il Figlio mio: è della mia stessa natura, della mia stessa sostanza, egli è in me, egli è tutto ciò che io sono. Anche quegli altri mi sono cari, ma mio Figlio lo è in modo superlativo. Ascoltate lui, dunque. È di lui che essi hanno parlato, e voi allora ascoltatelo. Egli è il Signore, quegli altri sono suoi servitori. Mosè ed Elia parlano di Cristo, sono servitori con voi. Egli è il Signore, è lui che dovete ascoltare. Non date ai vostri colleghi lo stesso onore che date al Signore. Ascoltate unicamente il Figlio di Dio. Quando io leggo il Vangelo e vi trovo citazioni della Legge, o citazioni dei profeti, è solo Cristo che mi viene in mente; ho letto Mosè e ho letto i profeti, ma perché ho capito che essi parlavano di Cristo. Una volta arrivato insomma allo splendore di Cristo, una volta completata l’abbagliante luce del sole splendente, non riesco più a vedere la luce prodotta da una lucerna. Se tu accendi una lucerna in pieno giorno, credi forse che possa illuminare? Alla luce del sole la luce della lucerna non si vede.





don Giammaria Canu


CARAVAGGIO, Suonatore di liuto (1596), con interpretazione della fonte luminosa

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