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DICEVANO I PADRI - a cura di don Giammaria Canu

Domenica, 17 marzo 2024.


Il chicco che spiega la croce.


Chi è questo Gesù? Il Crocifisso! Rispondevano nei primi secoli del cristianesimo le famiglie pagane che dovevano spiegare ai propri figli questa strana figura che tanto affascinava le famiglie dei compagnetti cristiani (così dicono alcune fonti latine). Il Crocifisso diventa il riassunto di Dio. Anche per noi il signum crucis è la sintesi del nostro Dio e della nostra fede. Lì c’è tutto di Dio.

Quando dei Greci a Gerusalemme incontrano uno come Filippo, probabilmente greco come loro, gli esprimono un desiderio grande, immenso, lo stesso nostro desiderio: vogliamo vedere Gesù! Vogliamo conoscerlo! Vogliamo scoprire il modo più facile per incontrarlo. Filippo, colto alla sprovvista, va da Andrea e, entrambi sorpresi da questa richiesta, portano i desideri dei Greci direttamente da Gesù. E Gesù cosa fa? Risponde regalando due simboli: il chicco di grano e la croce. Entrambi hanno a che fare con la morte, ma per entrambi la morte è passaggio (“Pasqua” in ebraico) verso la vita vera. È l’ultima Pasqua di Gesù e si intravvede la crocifissione. Serve una parabola per spiegare la croce. E Gesù, che trova parabole per tutto, ne trova una anche per la sua morte: la croce si spiega col chicco di grano. Quel chicco che caduto in terra è già promessa di pane. «Caduto in terra, c’è in lui una vita potente e invisibile che proprio sottoterra comincia a lavorare: si chiama germe. Quella parte del chicco che circonda il germe serve da nutrimento, si svuota come una piccola anfora di cibo. Allora sì che il chicco muore, ma nel senso che la vita non gli è tolta, è trasformata in una forma di vita più evoluta e potente. È un processo di donazione» (Ronchi).

Insomma, la legge eterna che regola il cuore dell’uomo e che manda avanti l’universo non è: il più forte vince, ma è: chi dona vince sempre, chi ama ha la vittoria in pugno, «chi perde la propria vita la salverà». È faticoso, spesso umiliante e ingrato, ma alla realtà si obbedisce, alla verità si aderisce se si vuole essere liberi e trovare felicità. Non si sbattono capricciosamente i piedi per terra perché Dio ha messo la legge dell’amore più in alto della legge del potere, del più forte, del più furbo, del più applaudito. Si obbedisce e basta! Lui stesso ha obbedito a quella legge: «apparso in forma umana umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce» (Fil 2,8).

C’è un’ultima frase con la quale Gesù chiosa il Vangelo di questa domenica: «quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Lo aveva già accennato domenica scorsa a Nicodemo che era tutta una questione di altezze, di quote, di verticalità. Ora dice che quell’altezza è una calamita, il punto più alto della storia umana, il baricentro della storia dell’universo che risucchia chiunque vi posi lo sguardo. Non è solo la sintesi di Dio, ma ha la pretesa di essere la soluzione all’enigma uomo. Il verbo attirare attribuito ad un soggetto crocifisso, impotente e indifeso è verbo di mitezza, di testimonianza, di promessa che lascia il cuore libero di accogliere o rifiutare. Non è per niente attraente il Crocifisso: «non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere» (Is 53,2). Eppure, c’è una strana bellezza nascosta dietro la Croce. Essa è la scelta di Dio di mettersi sulle tracce dell’uomo fin nella conclusione di ogni sua storia: la morte. Dio prende la stessa direzione dell’uomo, va a finire dove finisce il passaggio terreno di ogni uomo, obbedisce alla stessa storia dell’uomo. Non è più il Dio delle guarigioni, delle parole sapienti e dei segni forti a far scattare in me la torsione del viso verso il Crocifisso. Ma è la certezza che dietro quella Croce c’è il segreto della vita di Dio, che è lo stesso segreto della mia vita. Questo segreto si chiama Pasqua. Ed era già nascosto in ogni chicco di grano, ma non avevo mica capito che corrispondeva al segreto di ogni nostra vita.

Sentiamo poi come Ireneo di Lione in unico abbraccio eucaristico mette insieme morte e vita eterna, vite e grano, corpo di Cristo e corpo di ogni uomo: «Come il legno della vite, dopo essere stato deposto nella terra, porta frutto a suo tempo, e il chicco di grano caduto in terra e dissolto, risorge moltiplicato dallo Spirito di Dio che contiene tutte le cose; e tali cose poi divengono eucaristia, cioè il corpo e il sangue di Cristo; così anche i nostri corpi, nutriti da questa eucaristia, deposti in terra e ivi dissolti, risusciteranno a loro tempo, quando il Verbo di Dio donerà la risurrezione a gloria di Dio Padre: egli che pone l’immortalità intorno a ciò che è mortale, e dona gratuitamente l’incorruttibilità a ciò che è corruttibile, perché la potenza di Dio si manifesta nella debolezza».


don Giammaria Canu



G. Morgese, Il seme (2010). L’arte povera che sintetizza la promessa di verticalità umana racchiusa nella parabola del chicco di grano.

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