DI DOMENICA IN DOMENICA - a cura di don Giammaria Canu
Domenica, 31 gennaio 2021
Dio prende spunto dall'uomo.
Proprio così: Dio si lascia ispirare dall’uomo.
Nella Domenica della Parola abbiamo gustato il rendiconto che i primi quattro discepoli hanno lasciato alle generazioni future: erano lì a pescare pesci e si son ritrovati a pescare persone come loro, con desideri, fatiche, progetti, amori, delusioni e speranze che un pesce non può ospitare nel proprio cuore! Salto di qualità, certo, ma soprattutto un avanzamento in umanità: ciò che ti rende umano è la capacità di lasciarti interpellare dalla Parola che Dio ha già scritto per te, il compito tutto tuo, tagliato apposta per te, cucito nel tuo destino (inteso come “destinazione”), per cui vale la pena smettere di essere fotocopie e inseguire la propria originalità. Possiamo dire che ogni cosa che mi rende originale, unico e irripetibile è già una vocazione, una Parola di Dio che nasconde la promessa di un salto in umanità. E per questo, Dio non chiede mai di riiniziare tutto daccapo, ma di sterzare con decisione senza buttare via niente del cammino già percorso. Che bella l’immagine di Gesù definito “il Passante”: uno che passa si accontenta di ciò che trova, quello raccoglie e con quello cucina.
Dio prende spunto da ciò che già sei, dal posto dove ti trovi, dalla geografia interiore (sia essa fiorita e ampia oppure arida e soffocante) dove sono affondate le tue radici quotidiane. Dio, cioè, non inventa mai qualcosa di assolutamente nuovo, ma rimescola, aggiusta e raddrizza ciò che già è in cammino. Ricalcola sempre la marcia e trova sempre modi e persone per comunicartela. Coi Santi ha sempre fatto così: da quel rude, sgarbato e pasticcione pescatore di Pietro, Dio si è inventato il primo dei pontefici ai quali ha affidato il compito di vigilare sulla fede di ogni uomo fino alla fine dei tempi; da quel sanguinario persecutore di cristiani bestemmiatori che era san Paolo, Dio ha tirato fuori un evangelizzatore focoso capace di dare il suo sangue per la sua Parola; da quello scaltro spacciatore di stoffe di Francesco, Dio ha preso ispirazione per far nascere giardini, anzi foreste, giungle di astute vocazioni alla povertà spoglia, semplice e innamorata di ogni frammento di creazione. Questa è vera creatività: fare santi con ciò che c’è (pubblicità all’ultimo libro di Epicoco, Farsi santi con ciò che c’è, straconsigliato per le coppie!).
Lo ripeto perché è decisivo. Potremmo definire la vocazione come la scoperta della propria originalità, del proprio “perché” e del proprio “per-chi” al mondo. Tutti fatti per qualcosa e per qualcun altro. Nessuno nasce programmato per stare rinchiuso e ostaggio del proprio egoismo. È vocazione, poi, aver scoperto di non essere un groviglio di storie, ma una storia unica, inedita e amata con uno sguardo divino rivolto solo a me e non alla massa impersonale degli uomini miei simili. E ci vuole una vita intera per raccogliere i cocci delle storie passate, cucirli assieme e scoprire che in ognuno c’era già la firma di Dio. Tanti amici di Gesù hanno testimoniato che chi ci riesce ha vinto la vita e ha chiuso gli occhi a questa vita col cuore sorridente.
Ma c’è un altro aspetto, per niente trascurabile. Un Dio così creativo è veramente credibile, affidabile e autorevole: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». Anche ciò che è impuro, contaminato, mischiato con delle scorie si arrende davanti a un artista come Dio. Nel Vangelo di domenica prossima sarà questo il tema: cosa rende il Vangelo autorevole, affidabile e credibile? Beh, proprio il fatto che Dio non distrugge niente di noi: Gesù non è venuto a rovinare noi, ma a rovinare ciò che ci manda in rovina. Lo spirito della menzogna lo capisce bene: non è un principiante, dilettante o superficiale: è uno fine che sa distinguere un uomo rassegnato ad essere fotocopia di altri uomini da un artista che crea capolavori dal poco che c’è. E questo Dio ha autorità perché dovunque si trovi l’uomo, comunque si trovi l’uomo e nonostante a volte non si trovi che un poveruomo, Lui si lascia ispirare e genera opere d’arte originali.
don Giammaria Canu
M. Rupnik, Pescatori di uomini (Roma, 2010).
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