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DI DOMENICA IN DOMENICA - a cura di don Giammaria Canu

Domenica, 28 febbraio 2021


Bello e possibile.


Perché partire dal deserto? Perché il “bello-vero”, quello che dà senso alla vita non solo esiste, ma è anche molto vicino. E non solo esiste ed è a portata di mano, ma è anche già vivo in te, a portata di Battesimo. Serve solo del tempo tutto tuo per accorgertene!

I 40 giorni della Quaresima non sono misurabili con orologio e calendario, ma con anima e vita. Ci sono quaresime che possono durare una manciata di ore, o una manciata di nottate insonni, ma fanno girare le lancette del cuore a una velocità supersonica: durano interiormente più dei 40 anni del popolo di Israele nel deserto. È il tempo di Dio: quell’istante in cui Lui “dice e crea” dura un’eternità (Dio mica usa orologi: abbraccia e contempla con una sola occhiata passato, presente e futuro… mistero da sbattersi la testa!). E se noi abitiamo la creazione con tutte le potenzialità fornite da Dio al nostro cuore, scopriremo di riuscire a riempire di vita gli anni e smetteremo di correre inesorabilmente invano alla ricerca di strategie per riempire di anni la vita. Ci sono infatti degli istanti così pieni di vita che restano più scolpiti nel cuore, li ri-cordiamo più facilmente, diventano indelebili e sempre disponibili alla nostra memoria.

Memoria. Ecco un’altra parola chiave della quaresima. Parola sacra per gli ebrei (basti pensare ai “memoriali” festosi delle Pasque ebraiche, come a quelli tragici della Shoah), serve per indicare la possibilità che un evento già vissuto non muoia mai, ma resti sempre accessibile e rifrequentabile. È così, anche se con un accento più realistico, anche la nostra Eucaristia: la Pasqua di morte e risurrezione non è storiografia, ma storia mia (kairòs si dice in greco), evento a disposizione per la mia salvezza, bagaglio divino cui posso liberamente attingere per fare funzionare il mio battesimo e la mia umanità. In fondo, la quaresima è il “tempo opportuno” (kairòs in greco) per stare un po’ di più in compagnia con me stesso, per prendermi cura dei deserti, degli animali selvatici che divorano brandelli di vita e ascoltare angeli che su quei brandelli proclamano parole di Dio. Guai al battezzato che spreca la quaresima e non la usa come un “tempo per volersi bene” (ancora kairòs in greco), cioè per far funzionare il proprio Battesimo che è lì, dentro di noi come un usignolo in gabbia che fischietta in maniera assordante implorando di poter uscire per mostrarci di quanto bene sa fare al cuore dell’uomo se ti “lasci riconciliare con Dio” (2Cor 5,20).

Per questo, la seconda domenica di quaresima offre al battezzato la possibilità di non smettere di tenere fissa la meta, la fine del cammino, la vittoria pasquale. Nelle notti dello sterminato deserto quaresimale brilla la stella cometa della Pasqua che trasfigura il deserto, come un babbo che per insegnare al figlio a vincere la paura delle cadute si mette dall’altra parte della stanza col suo orsacchiotto preferito e invita il piccolo a mettere i primi passi, incerti ma carichi di motivazione, desiderio e coscienza del fine: la trasfigurazione è la scusa, l’anticipazione, l’esca; la Pasqua è il fine per cui Dio mi ha creato!

La trasfigurazione è il memoriale della luce. Senza il ricordo della luce è impossibile affrontare il buio. Senza l’anticipo del “bello-vero” neanche ci provo a sporcarmi i piedi con la sabbia appiccicosa del deserto. Senza aver percepito la bellezza della luce non ha senso affrontare il buio pesto. La luce è corredo per chi non rinuncia a fare lo slalom tra le fatiche quotidiane; è armatura per chi non smette di lottare per vincere la propria vita; è motivazione per chi non ci sta a dare ragione al diavolo che istiga l’uomo all’allettante fascino della mediocrità. Chi vive in superficie, accontentandosi di galleggiare, di stare a guardare il deserto dal di fuori, dalla staccionata sicura delle proprie sicurezze, non perde solo il Battesimo, ma col battesimo anche la possibilità del “bello-vero” nella propria vita. Il bello è solo un’idea impossibile se guardato con gli occhi di chi cerca il bello nel perfetto: «con gli occhi neri e quel sapor mediorientale» di Gianna Nannini. Il Bello è possibile, anzi è a portata di mano e realizzabile solo se guardato da dentro il deserto ma coi riflettori della Trasfigurazione, aperitivo della Pasqua.



don Giammaria Canu


W. Congdon, Cristo trasfigurato.

“Così io e anche tu, dobbiamo rinnovare ogni giorno una coscienza indirizzata alla resurrezione; non c’è altro. Da solo, questo è difficile, se non impossibile. Un altro deve risollecitarci alla vita”

(W. Congdon).



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