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DI DOMENICA IN DOMENICA - a cura di don Giammaria Canu

Domenica, 18 aprile 2021


Il dono della miseria.


La miseria è un dono, e prezioso pure! Ma solo se messo davanti alla miseri-cordia di Dio.

Nel cuore umano c’è sufficiente spazio per la miseria e per la misericordia. Anzi, il cuore dell’uomo è l’unico possibile terreno di incontro, di dialogo e di abbraccio tra la miseria e la misericordia, tra la bassezza e l’onnipotenza. È la misericordia la cifra più caratteristica dell’onnipotenza di Dio. Dio non è superpotente perché crea, comanda, muove, giudica e ammonisce i suoi figli, ma perché vuole aggiustare i suoi figli ricalcolando ogni volta il loro cammino di vita: «Dio onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna», che tradotto meglio, per capirne il senso, sarebbe: «Dio la cui onnipotenza è la misericordia metta il suo perdono davanti al nostro peccato perché solo così la nostra vita può avere una direzione eterna!».

Ecco cosa ne pensa il Vangelo di domenica scorsa, ma anche quello di domenica prossima.

«Pace a voi». Così il Risorto saluta i discepoli incupiti, rattrappiti, demoliti e ripiegati sul loro tradimento. Lui è Colui che sa pesare i cuori e sente il peso che li sta schiacciando. E allora porta pace, vita e misericordia, doni che accendono i riflettori sulle miserie umane per smascherarle. Sciagurato quel cuore che davanti a Cristo, Pascha nostrum, si tappa occhi, orecchi e naso per non vedere i frammenti di tenebra che lo abitano, il grido di quella tenebra che lo implora e il fetore che emana quando la frequentiamo. «Beati coloro che non hanno visto e hanno creduto!», dice Gesù a Tommaso la seconda domenica dopo Pasqua. Ma creduto cosa? Creduto che nessuna tenebra, nessuna ferita, nessun fallimento, nessun peccato è più forte del suo amore. Questa è l’unica vera pace: quella di un bambino caduto e col ginocchio sbucciato che piange e cerca solo delle braccia paterne che lo possano sollevare e coccolare. Questa pace non è fatta di argomenti, chiarimenti o grandi ragionamenti elaborati per riportare tutto sotto controllo, secondo i nostri piani. Questa pace è molto più profonda di una costruzione mentale. È Dio che si prende carico delle mie miserie ed è sentire proprio di stare in braccio a Lui. Pace è sentire dentro che sei preso in carico da qualcuno, che sei di Qualcuno, che sei interamente (e non solo nelle parti splendide!) appartenente a Qualcuno: «mio Signore e mio Dio», non può che esplodere Tommaso, il prototipo del vero credente nostro gemello (che in greco si dice “didimo”, il soprannome di Tommaso) che compie il passaggio (“pasqua” in ebraico) dall’incredulità alla fede seria, intelligente e profonda.

Con Gesù, pace, vita e misericordia vanno a braccetto. L’unica vita che vale la pena vivere è quella pacificata da Gesù e “misericordiata” (voce del verbo “misericordiare”, coniato da papa Francesco nell’Anno della Misericordia) dal Vivente: «perché cercate tra i morti il Vivente», chiedono gli angeli alle donne recatesi al sepolcro il mattino presto di Pasqua (Lc 24,5). Risposta: beh, forse non hanno sbagliato di tanto l’indirizzo le donne. Di certo il Vivente non è più nel suo sepolcro, ma è in visita nei miei sepolcri e bussa (Ap 3,20) in attesa che io gli apra a raccontargli delle mie miserie.

Perché nascondere a Dio le miserie? Delle mie miserie Lui conosce tutto, ma aspetta che anche io le possa ri-conoscere per quello che sono: ogni miseria è in attesa del misericordioso, come ogni bambino dalle ginocchia sbucciate è in cerca di braccia robuste che lo sollevino e come ogni pandemia attende i suoi vaccini. Ecco cos’ha di onnipotente la misericordia pasquale di Dio: restituire senso, sapore e vita alle nostre miserie. Farle rinascere proprio dal grembo materno di Dio. Un’altra immagine ereditata dal Giubileo della Misericordia, ma rubata all’etimologia della parola misericordia: se noi latini pensiamo che la misericordia, l’amore e il perdono abbiano sede nel cuore di Dio, gli Ebrei la collocano invece nell’utero di Dio, lì dove un grumo anonimo di “misere” cellule umane si chiama già “vita” e aspetta solo di venire alla luce. Per questo, “la vera grandezza dell’uomo sta nella coscienza della propria miseria” (Pascal) e nella fede pasquale che ogni miseria è già fecondata nell’utero di Dio.


don Giammaria Canu



É. Bayard, Cosette sweeping (1862), illustrazione per la prima edizione de Les misérables di Victor Hugo rappresentante la “misera” Cosette, figlia abbandonata di una “misera” prostituta, affidata ad una famiglia di “miseri” aristocratici che la riducono in schiavitù e riscattata dal “misero” Jean Valjean, il galeotto riscattato a sua volta dalla misericordia del vescovo di Digne. La miseria, quella che disumanizza, è certamente uno dei temi più presenti nella letteratura di tutto il mondo, forse perché è la realtà umana più umanamente reale!


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