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DI DOMENICA IN DOMENICA - a cura di don Giammaria Canu

Domenica, 25 aprile 2021


Solo l'amore è credibile.


La domenica del Buon Pastore e il Vangelo del bel pastore (in tutte le salse vi convinceranno che il testo originale non parla di “buon” ma di “bel” pastore!). Domenica scorsa Gesù chiudeva il Vangelo con l’attestato di “testimone” rilasciato ai discepoli. Ma testimoni di cosa? Della sua risurrezione, della sua Pasqua, della sua vittoria sulla morte! No. O meglio, troppo poco! Siete testimoni che quella Pasqua è la nostra Pasqua, la mia Pasqua, la mia risurrezione, la mia vittoria sulla morte, sennò sarebbe il racconto di un supereroe da applaudire e non di un Dio che mi travolge, coinvolge e avvolge con la sua Pasqua. Quei discepoli, come “i discepoli di adesso” (così li chiama Kierkegaard nelle sue Bricciole di teologia) sono e siamo testimoni che la Pasqua di Gesù rimbalza e risveglia le nostre pasque sopite, ma presenti, seminate nelle nostre vite. Quella di Gesù è la possibilità di Vita vera donata alle nostre vite vivacchiate, sopravvissute, sopportate. Qualcuno diceva: «c’è gente che muore senza essere mai nata», e qualcun altro che diceva: «siamo nati e non moriremo mai più» (Chiara Corbella, che non smetteremo di citare!).

È cosa seria la Pasqua. Questa domenica la Chiesa cerca di convincere il nostro cuore che Dio, con quella Pasqua, ci ama da morire! L’immagine è quella di due pastori: il pastore, quello bello e il pastore, quello mediocre. Il primo è quello buono, azzeccato, quello giusto, di marca e l’altro è quello contraffatto, mediocre, mercenario. Ma l’immagine di Gesù si spinge oltre: Dio è come un pastore la cui bellezza, fascino e attrattiva (“la fede funziona per attrazione”, diceva Rousselot) viene da una cosa esagerata che non farebbe nessun pastore: dà la vita per ognuna delle sue pecorelle. Un pastore, oggi come allora, al massimo può rischiare la vita per il suo gregge (cosa davanti alla quale inchinarsi ad ammirare!), Dio invece, ha proprio scelto di dare la vita per salvare ciascuna pecorella. Ecco cosa c’è da testimoniare: Dio ha scelto che la sua Vita tra gli uomini ha come obbiettivo che noi scopriamo la Vita nascosta nelle nostre vite. E per questo Lui dona la sua Vita. Perché si è incarnato (chissà se smetteremo mai di chiedercelo!): per farci scoprire la Vita da accendere nelle nostre vite.

Magnifico verbo “donare”. Forse per non essere noioso o ripetitivo, Gesù usa questo verbo come sinonimo del verbo “amare”. Perché tutta questa insistenza sull’amore? Perché solo l’amore è credibile. Cosa crede chi crede? Non so voi, ma io credo solo all’amore. Cioè credo nell’Incarnazione, nella Trinità, nell’Immacolata Concezione solo se traducono l’amore di Dio per me. E sono in buona compagnia. Immediatamente è d’obbligo citare san Giovanni nella sua prima Lettera: «e noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi» (1Gv 4,16). Ma facciamo un salto di 20 secoli (avremmo potuto citare Agostino, Tommaso, Pascal, Rosmini e tutti i santi!) e arriviamo al gigante svizzero von Balthasar che, da “uomo più colto del nostro tempo” (De Lubac), ha messo un punto fermo sulla questione scrivendo: Solo l’amore è credibile, un “monumentale vademecum” (“monumentale” perché è un colosso destinato a durare in eterno; “vademecum”, perché sono poche pagine per gli addetti ai lavori da tirare fuori ogni qualvolta sorgesse qualche dubbio sulla teologia dell’amore, che è la teologia del cristianesimo) dove è concentrata l’essenza della fede cristiana. Ecco una frase di questo testo che custodisco nel cuore: «quando la mamma per giorni e settimane intere ha sorriso al suo bambino, giunge il giorno in cui il bambino le risponde con un sorriso. Essa ha destato l’amore nel cuore del bambino e il bambino, svegliandosi all’amore, si sveglia alla conoscenza» (p.60), cioè riconosce e crede a quell’amore. Solo per questo risponde con il sorriso.

Concludo con altri due punti fermi abbastanza noti e indiscutibili come gradini di una scala che contrariamente alla torre di Babele che cerca di portare gli uomini al cielo, invita l’uomo credente e pensante a scendere nella profondità della propria umana, dove c’è già tutto, e scoprirvi il Paradiso già in azione.

La bellezza salverà il mondo. Punto e basta! Frase del principe Miškin nell’Idiota di Dostoevskij, così commentata da Todorov: «questa frase non è mai stata così attuale. Perché è proprio quando così tante cose intorno a noi vanno male che bisogna parlare della bellezza del mondo e dell’uomo che lo abita». E Cristicchi (in Credo) da parte sua replica: «credo che non sia la bellezza a salvare il mondo, ma che siamo noi a dover salvare la bellezza».

L’altra frase indiscutibilmente ed eternamente vera: L’essenziale è invisibile agli occhi. Frase del Piccolo principe che tutti capiscono e che nessuno si sogna di giustificare perché è “autoevidente” (per dirla alla Cartesio che morì alla ricerca di qualcosa che offrisse le garanzie che Dio, l’universo e la sua stessa vita non fossero che pure illusioni).

Ecco un buon identikit della fede pasquale: solo l’amore è credibile, perché solo chi ama riconosce che c’è del Bello nella fatica, nel fallimento e nel rischio. E qual è il laboratorio fecondo di questo riconoscimento? La profondità della nostra intimità, dove Dio, l’Amore, la Bellezza e la Vita sono l’essenziale invisibile da credere, da vivere e da testimoniare.

E quindi… questo pastore che mi ama da morire è proprio credibile, è l’unico credibile!



Un video per approfondire:



don Giammaria Canu



Scuola di iconografia bizantina moderna:

Icona teologica del Bel Pastore


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